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Via Crucis. Mons. Ricciardi (aus. Roma): “Raccontiamo le croci di oggi”

via crucElisabetta Gramolini

C’è la sofferenza di nonna Luisa e il conforto della nipote Chiara. C’è la morte in un incidente stradale del ventenne Patrizio e il dolore della madre Giovanna. Poi c’è il matrimonio di due infermieri, Gabriele e Annarita, e la nascita del piccolo Alessandro, quale segnale di resurrezione. È una Via Crucis che dà voce a tante storie quella che sarà trasmessa on line stasera alle 21, sul canale Youtube della Pastorale giovanile. Le meditazioni che accompagnano le quattordici stazioni sono a cura di monsignor Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma, delegato per la Pastorale della salute. Il vescovo ha attinto alla sua esperienza nei vari ospedali della Capitale, testimoniando le tante passioni vissute. Per la seconda Pasqua in tempo di pandemia, il messaggio non può che essere di speranza: “Se crediamo che Cristo è risorto non dobbiamo dire che tutto andrà bene ma che è già andato tutto bene”.

Perché dedicare una Via Crucis a chi lavora negli ospedali o vi è ricoverato?
Con la Pastorale giovanile abbiamo pensato di fare insieme una Via Crucis on line sulla base di alcune meditazioni che ho scritto all’inizio della quaresima e che sono state pubblicate sull’Osservatore romano.Invece di essere meditativi sulla passione di Cristo, vogliono essere racconti di vita di varie persone ricoverate o che lavorano o che ruotano intorno all’ospedale.Ho voluto mettere insieme queste storie intrecciandole in una Via Crucis. È qualcosa che abbiamo voluto offrire come meditazione.

C’è una storia in particolare che l’ha colpita?
C’è la storia di una madre che ha perso il figlio in un incidente stradale, ai quali ho dato i nomi di Giovanna e Patrizio. Le cronache delle nostre città parlano spesso di questi casi e ho conosciuto alcune famiglie segnate da tali tragedie.Ho voluto esprimere in più stazioni il dolore della madre, simile al dolore di Maria che incontra suo figlio morente. Nell’ultima stazione, quando Gesù è deposto nel sepolcro, ho voluto porre il figlio appena morto, che parla, ed è in attesa della resurrezione.Vuole essere un segnale di speranza per le tante famiglie che piangono i loro figli.

Nelle meditazioni ha dato spazio anche alla pandemia?
Sullo sfondo, sì. Ma ho voluto che si parlasse delle altre malattie. Volevo dare voce ad altre sofferenze che ci sono sempre, con o senza il Covid-19.

Qual è stato il contributo della Pastorale giovanile?
La collaborazione c’è stata perché in alcune delle stazioni diamo voce anche ai giovani: c’è chi è morto in un incidente in motorino, chi è infermiera, chi ha perso una nonna malata di tumore. Sia da parroco sia ora da vescovo mi ha sempre colpito la sofferenza che subiscono i giovani per la morte di un familiare anziano. Anche papa Francesco parla spesso del legame che esiste fra nonni e nipoti.La prima grande domanda nella vita che si fanno riguardo alla malattia è proprio quando i ragazzi perdono un nonno.

Qual è l’immagine di resurrezione offerta da queste storie?
Oltre al filo conduttore della sofferenza, c’è quello della speranza espressa da una coppia di infermieri (Gabriele e Annarita) che si prepara al matrimonio e dalla nascita di un bambino quasi contemporaneamente alla morte del ragazzo in motorino. Nelle ultime due stazioni, in cui si racconta la deposizione di Cristo dalla croce, vediamo don Marco, il cappellano, che accoglie le manifestazioni di dolore della madre di Patrizio, e poi, poco dopo, legge nel registro della cappella dell’ospedale della nascita di Alessandro.

Cos’altro trasmettono queste storie?
La cosa che mi ha spinto a scrivere una Via Crucis originale, dopo quella dell’anno scorso, in cui le stazioni erano abbinate alle fermate della metropolitana di Roma, era l’idea di

raccontare le croci di oggi.

Il sottofondo delle Vie Crucis odierne è la passione di Cristo e la considerazione che nonostante i dolori patiti ci sia un messaggio di speranza. Mi colpisce sempre la testimonianza di alcuni cappellani, penso per esempio a quelli negli ospedali pediatrici che, nonostante quello che patiscono, sono sempre al fianco dei piccoli e delle famiglie per testimoniare la presenza di Cristo.

Per la città, in questa Pasqua, ha un pensiero particolare?
Il primo che mi viene in mente è che sarà la seconda Pasqua in tempo di pandemia. Il fatto di trovarci ancora in questa condizione ci potrebbe mettere un po’ di difficoltà ma vorrei sottolineare i tanti momenti di speranza e solidarietà.Se crediamo che Cristo è risorto non dobbiamo dire che tutto andrà bene ma che è già andato tutto bene.Se siamo testimoni del Vangelo anche in questo tempo di tempesta dobbiamo ricordare che sulla barca c’è Gesù con noi.

Redazione: