DIOCESI – Nel primo pomeriggio di venerdì 2 aprile il Vescovo Carlo Bresciani ha presieduto la Liturgia della Passione del Signore. Erano presenti con lui il Vescovo Emerito Gervasio Gestori, il parroco don Patrizio Spina, i parroci emeriti don Romualdo Scarponi e don Luciano Paci, il parroco di San Benedetto Martire Guido Coccia e don Gianni Anelli. Hanno assistito il sacro rito i diaconi permanenti Walter Gandolfi, Emanuele Imbrescia e Pietro Mazzocchi.
Anche nel secondo giorno del Triduo 2021 la liturgia si è adattata alla particolare situazione che stiamo vivendo. In particolare l’Adorazione della Croce, uno dei momenti più salienti e suggestivi in questo giorno, è stata fatta dal Vescovo Carlo e dai fedeli che sono rimasti in ginocchio al loro posto, invece di dirigersi processionalmente davanti alla croce per baciarla. Gesti esteriori che ovviamente nulla tolgono alla fede e all’amore per il Signore Crocifisso.
La liturgia ha avuto inizio con l’ingresso silenzioso dei membri del clero che si sono prostrati davanti all’altare. Questi gesti pongono in ideale continuità la celebrazione della Passione del Signore con quanto vissuto durante la sera del Giovedì Santo. È seguita la Liturgia della Parola e la lettura della Passione del Signore secondo il Vangelo di Giovanni. Riportiamo di seguito il testo dell’omelia del Vescovo Carlo.
«Siamo di fronte alla croce di nostro Signore. Tra poco ci inginocchieremo per adorarla. Il nostro bacio sarà solo spirituale, perché la pandemia ce lo proibisce, ma non ci proibisce di manifestare tutto il nostro amore e la devozione del nostro cuore. Gesù è in croce e lì muore, come hanno voluto a tutti i costi i suoi falsi accusatori, i quali godono ai suoi piedi per la vittoria ottenuta. In fondo credono di essere riusciti a raggiungere lo scopo che volevano: mettere a tacere una voce che era diventata troppo imbarazzante per le verità che andava proclamando e per il fatto che il popolo gli prestava ascolto e lo seguiva. Gesù muore solo in croce, quindi sono riusciti anche a spaventare il popolo e perfino i suoi apostoli: ne è rimasto solo uno, Giovanni, con sua madre Maria.
Colui che guarda superficialmente alla croce può credere che colui che vi è appeso sia un perdente: la storia gli ha dato torto e tutto è finito miseramente e tra gli scherni dei soldati che hanno eseguito l’ordine della condanna. Ma è proprio così? Allo sguardo distratto e a colui che non conosce che cosa sia la vera grandezza di un uomo, forse sì. Gesù sembra soccombere alla violenza umana. La sua, infatti, non è una morte apparente, anzi, per essere sicuri che non lo sia, il suo cuore viene trafitto da una lancia fino a far scaturire il suo sangue.
Ma non è così, è la vittoria dei suoi accusatori che è solo apparente. Questa affermazione potrebbe sorprendere dato che i suoi accusatori hanno ottenuto ciò che volevano: la sua morte. Avevano infatti sgridato a squarciagola: “Crucifiggilo! Crucifiggilo!” L’hanno ottenuto, ma non sono riusciti ad ottenere che il cuore di Gesù cessasse di amare anche dalla croce. Hanno avuto la sua morte, ma non hanno sconfitto il suo amore, tanto che morendo invoca il perdono per loro. Colui che ha predicato l’amore anche per il nemico, ha continuato ad amare anche quando il nemico lo uccideva. Hanno potuto infierire sul suo corpo, ma non hanno spento il suo amore: vale a dire ciò che fa la vera grandezza dell’essere umano, ciò che fa di ciascuno di noi esseri a somiglianza di Dio.
Carissimi, la vera grandezza dell’essere umano, la sua vera forza, non sta in ciò che rende capaci di violenza sull’altro, ma in ciò che sa vincere la violenza dentro di noi innanzitutto, in ciò che ci rende capaci di non rispondere alla violenza con la violenza, ma di rispondere al male con il bene. Purtroppo questa verità, così semplice, non è ancora stata capita e si continua a pensare che sia con la forza e con la violenza che si costruisce la nostra vita nel mondo. La grande illusione è che con la violenza si possa dominare tutto e avere tutto quello che si vuole, che sia la strada per garantirci una vita buona.
Questa è una tentazione demoniaca, carissimi. Solo l’amore che non si lascia vincere dalla violenza, e non si tramuta in risentimento e odio, è la vera vittoria di Dio. Solo l’amore, che sa rimanere veramente tale anche nel sacrificio di sé, è la vera vittoria sul male e sulla morte. E questo è l’amore di Gesù in croce: un amore certamente non insensibile alla sofferenza atroce che comporta, ma non mai piegato neppure dalla sofferenza e dalla solitudine più atroce. Hanno potuto trafiggere il suo cuore, hanno potuto uccidere il suo corpo, ma non il suo amore.
Io vedo in questo la grandezza della croce di Gesù, è la stessa grandezza dell’amore di Dio che in essa si manifesta. Un amore di Dio che neppure tutto l’odio del mondo può spegnere. Per questo possiamo cantare che la croce è la nostra vera e unica speranza. Non perché speriamo di finire in croce, ma perché speriamo che nessuna croce che ci capiti di incontrare spenga in noi ciò che più di grande abbiamo: la capacità di amare. Nessuna croce può spegnere l’amore di Dio per noi e per il mondo. Possiamo tentare di cancellare la sua presenza nel mondo in tanti modi, molto spesso questo è stato fatto nella storia con drammi umani inenarrabili. Lo è stato nel secolo scorso con le terribili dittature che abbiamo sperimentato in Europa; lo sperimentiamo in tante persecuzioni che ancora oggi ci sono nel mondo; lo sperimentiamo nell’indifferentismo che dilaga nelle nostre società occidentali e rende vuote le chiese e le case.
Si tratta di tutte croci che affliggono il cuore di Dio, ma nessuna di esse, per quanto terribili, potrà spegnere il suo amore. Questo lo possiamo affermare, perché Gesù dalla croce ha pregato per il perdono di chi voleva cancellare la sua presenza dal mondo e il perdono è il più grande atto di amore che uno possa donare all’altro. Nessuno, per quanto malvagio, può arrivare a cancellare Dio dal mondo, neppure l’assoluta malvagità del demonio, e questo proprio perché lui è Dio e non uomo.
Chiediamo oggi al Signore la forza di non lasciarci vincere dal male che pure ci tocca e dolorosamente ci ferisce. Chiediamogli la grazia di saper perdonare chi ci ha fatto o ci sta facendo del male, imitando lui che dalla croce fa scendere abbondanza di perdono su noi e sul mondo intero.
Liberiamo il nostro cuore da risentimenti o da propositi di vendetta, facciamo in modo che dalle ferite escano parole di riconciliazione e di pace. Non necessariamente è facile, ma meditando sulla croce di Gesù e su quanto lui ci ha insegnato, vivendolo in prima persona sulla croce, può diventare realtà anche quello che può sembrare impossibile. Impossibile a noi uomini, ma non impossibile con l’aiuto di Dio».
La celebrazione è poi proseguita con la Preghiera Universale nella quale si è fatta menzione anche delle sofferenze dovute al covid. Come previsto dalla liturgia, la comunione eucaristica è avvenuta con i “presantificati”, ovvero con le ostie consacrate durante la Messa In Coena Domini. Al termine della celebrazione il clero è uscito nello stesso modo in cui è entrato e cioè in silenzio. Il Triduo terminerà con la solenne Veglia Pasquale alla quale siamo tutti invitati questa sera alle ore 18.30.
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