A pochi giorni dall’anniversario della morte di Giovanni Paolo II (2 aprile 2005) la Chiesa in Polonia è stata scossa dalla notifica da parte della Nunziatura apostolica a Varsavia dei provvedimenti nei confronti dell’arcivescovo emerito di Danzica, mons. Sławoj Leszek Głódź, e del già arcivescovo di Calisia, mons. Edward Janiak. A entrambi è stato ordinato di vivere fuori dalla propria diocesi, e di non partecipare a celebrazioni religiose pubbliche o incontri di laici nella propria zona. Inoltre, entrambi sono stati incoraggiati a offrire una somma adeguata di fondi personali alla Fondazione “San Giuseppe”, istituita dalla Conferenza episcopale polacca per prevenire gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica.
Numeri elevati… A marzo di quest’anno, la Kai ha presentato un dettagliato rapporto sullo stato della Chiesa cattolica in Polonia che in maniera sintetica raccoglie sia le statistiche relative alle strutture ecclesiali sia i dati riflettenti l’impegno dei laici e la fiducia da parte dell’opinione pubblica nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche. Attualmente, la Chiesa cattolica in Polonia conta 33.600 sacerdoti di cui quasi 25mila diocesani, 154 vescovi (fra cui 44 diocesani) e 2,57 milioni di fedeli impegnati nella vita ecclesiale, ai quali vanno aggiunte 19mila religiose e oltre 2mila religiosi appartenenti a congregazioni maschili.
…ma partecipazione in calo. Di fronte a tali numeri da record, però, se nel 1990 alle liturgie domenicali partecipava il 50,3 per cento di fedeli rispetto alla popolazione complessiva, nel 2019 tale percentuale è scesa al 36,9. Il 90 per cento di polacchi si definisce “cristiano”, ma i “profondamente credenti” (in maggioranza donne) non superano l’11%. Parallelamente, negli ultimi decenni è calato il numero di coloro che dichiarano di riconoscersi nelle posizioni conformi alla morale cattolica, e oggi solo il 20 per cento di fedeli considera inammissibile una convivenza senza matrimonio.Il rapporto della Kai non nasconde la gravità della situazione dei giovani fra i quali, al giorno d’oggi, i praticanti sono la metà di quelli di trent’anni fa.Oltre il 50% dei giovani dichiara di non riconoscere l’autorevolezza della Chiesa cattolica. Se la situazione dovesse aggravarsi ancora, in Polonia si rischia di fermare la trasmissione intergenerazionale della tradizione cristiana, che finora è sempre stata saldamente ammessa e riconosciuta.
Segnali di speranza. Gli autori del rapporto Kai, così come i commentatori del documento, hanno sottolineato in conclusione chela pandemia da coronavirus “ha d’altro canto permesso di vedere con nitidezza il volto della Chiesa vicina ai poveri e ai malati, la Chiesa come luogo dove molte persone in difficoltà cercano e trovano sostegno”.Puntualizzando che sono oltre 55mila i giovani impegnati nelle attività dei centri Caritas locali e in altre iniziative promosse dalla Chiesa a favore dei diseredati, gli autori del documento sono speranzosi riguardo al futuro della Chiesa polacca poiché spesso “sono proprio i poveri a portare i giovani verso la fede”.