Paolo Bustaffa

Ci sono donne che, con l’impegno politico, stanno incominciando a disegnare un volto nuovo dell’Africa. Tra loro la presidentessa della Tanzania, la ex presidentessa della Liberia, le ministre degli Esteri di Congo, Centrafrica, Sudan, Sud-Sudan, Kenya e Libia.
Anche se non ancora in numero sufficiente stanno ricoprendo ruoli chiave per la stabilizzazione dei loro Paesi e per la tutela dei diritti umani che, per essere pienamente tali, devono valere ovunque e con la stessa intensità per il genere maschile e per il genere femminile.
Oggi le donne in politica sono una realtà che sta crescendo anche se i numeri sono bassi, come rivela l’Africa Barometer 2021 documentando che in molti Paesi africani la presenza femminile nelle istituzioni è ancora al 12%.
L’Africa sta scrivendo un capitolo nuovo della sua storia? Forse è presto per dirlo ma alcune pagine cominciano a essere scritte dalle donne e in questi giorni alcuni giornali ne stanno scrivendo.
L’Africa sarà salvata dagli africani e dalle africane ripeteva Léopold Sédar Senghor, primo presidente del Senegal negli anni ’60-’70 e grande amico di Giorgio La Pira.
Il movimento culturale “negritudine”, di cui Senghor era tra i massimi esponenti, si proponeva di affrancare i popoli africani dal complesso di inferiorità imposto dai colonizzatori e di restituire dignità e diritti agli uomini e alle donne d’Africa.
Quel pensiero oggi si esprime nell’impegno per il bene comune, nella lotta contro una politica corrotta, contro gli sfruttamenti delle risorse naturali da parte di Paesi dell’Occidente e della Cina, contro il disastro umanitario provocato dalle guerre e dai cambiamenti climatici.
L’impresa è davvero grande considerato lo scempio che ancora oggi viene fatto dell’Africa e al quale si aggiunge il respingimento di persone e famiglie in fuga dalla disperazione.
E’ importante e urgente un sussulto della coscienza internazionale.
Si inserisce in questo percorso la recente elezione di Ngozi Okonojo- Iweala, di origine nigeriana, a direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). In una recente intervista al Guardian aveva detto: “Dobbiamo rompere il tetto di cristallo sulle nostre teste. A noi donne i ruoli di leadership vengono riconosciuti solo quando le cose vanno molto male”.
La neo direttrice sta ripensando il ruolo del Wto per il dopo-pandemia tenendo conto delle dinamiche socio-economiche nei Paesi in via di sviluppo e prevedendo per l’Africa un inedito protagonismo. Con le donne africane in politica potrebbe nascere un intreccio di competenze e sensibilità.

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