X

Sorelle Clarisse: “Ricominciamo dalla Parola”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

E’ bella la Parola di questa domenica perché ci mostra un Gesù Risorto impegnatissimo a farsi riconoscere dai suoi discepoli.
Una Parola che ci permetterà di scoprire come poter anche noi, ogni giorno, riconoscere e fare esperienza del Cristo Risorto.
Il Vangelo ci presenta gli apostoli in ascolto del racconto dei due discepoli che, sulla strada verso Emmaus, hanno riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
«Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro…»: lo abbiamo meditato anche la scorsa domenica. Gesù sta in mezzo, prende dimora dentro la nostra storia, dentro la nostra vita di fatica, di prova. Lo ha fatto incarnandosi, lo continua a fare attraverso esperienze, incontri, situazioni che l’esistenza ci chiama a vivere.
Ma i discepoli non sono convinti, infatti: «Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma…». Il fantasma indica qualcosa di aleatorio, inconsistente, segno della fede in un Dio che, a volte, ci fa paura toccare con mano, un Dio che preferiamo relegare al di sopra dei cieli, ad un qualcosa o qualcuno completamente altro da noi, dalla nostra natura, dalla nostra storia.
Gesù cerca ancora di fugare i dubbi dei suoi discepoli: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho».
Guardate, dice Gesù…non sono un fantasma, non sono uno spirito, non sono un sogno…sono quel Gesù, uomo, che sulle strade della Palestina ha condiviso la vostra stessa strada, la vostra stessa vita. Sono quel Gesù che è stato crocifisso, e ora, risorto, vivo. Il Gesù che vi ha amato e che avete amato, che porta nelle mani e nei piedi i segni di questo amore, segni che dicono che non sono sfuggito magicamente al destino di passione e di morte tante volte annunciato, che dicono che il mio risorgere non è consistito nell’azzerare, resettare tutta quanta la tensione, la sofferenza, il dolore, la morte vissuti negli ultimi tempi del nostro stare insieme.
Spesso anche noi facciamo fatica a riconoscere l’uomo Gesù, quasi a desiderare un Dio senza problemi, risolutore di ogni nostro problema, un Dio mago piegato ai nostri schemi, da pregare solo per avere soluzioni, da imbonire per ricevere grazie, solo per vedere esaudite richieste.
I discepoli non credono ancora!
Ma non si dà per vinto Gesù: «Avete qui qualche cosa da mangiare? Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro». Il nostro Dio non è un Dio che non ha bisogno di nulla, egli ha fame del nostro amore, ha bisogno di costruire una relazione con noi, paradossalmente potremmo dire che non è un Dio che basta a se stesso ma che ha bisogno di essere, in tutto, parte integrante della nostra storia.
Ma perché non vogliamo, non riusciamo ancora a riconoscerlo?
«Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture…».
Possiamo parlare e discutere di Cristo, delle nostre esperienze di Lui, così come fanno i discepoli dopo i fatti della Pasqua: Ma, se le nostre esperienze non sono lette alla luce della Parola, si rischia di far diventare le nostra fede qualcosa di aleatorio, di inconsistente. Così come è accaduto agli stessi discepoli: «…credevano di vedere un fantasma».
Allora Gesù può parlare, può mostrarci le sue mani e i suoi piedi chiedendoci di toccarli, può mangiare con noi…ma noi non riusciamo a staccarci dalle nostre sicurezze “incerte”.
A Gesù non resta che ricominciare dalla sua Parola. E, anche a noi, non resta che ricominciare, ogni giorno, dalla Parola di Dio, per riconoscere nella nostra vita, la compagnia del Cristo crocifisso e risorto, e per diventare di Lui e di nessun altro, testimoni e assidui e gioiosi.

Redazione: