Le sanzioni dell’Ue contro il regime siriano, fotocopia di quelle contenute nel cosiddetto Caesar Act firmato da Donald Trump, “colpiscono alla fine, soprattutto, la povera gente che non ha di che mangiare e di che scaldarsi e non hanno scalfito il regime”.
È quanto si legge su Terrasanta.net (testata elettronica delle Edizioni Terra Santa) in un articolo dedicato alle sanzioni alla Siria. Il pacchetto di sanzioni voluto da Trump nell’ultimo scorcio del suo mandato è destinato a restare in vigore, “a meno di ripensamenti”, fino al 2025 mentre quelle Ue scadono il primo giugno e tutto fa pensare che verranno riconfermate. Le sanzioni Ue-Usa contro la Siria, si legge nell’articolo, dovrebbero colpire “membri del regime siriano, i loro sostenitori e imprenditori che lo finanziano e beneficiano dell’economia di guerra”. Esse bloccano “ogni tipo di transazione economico-finanziaria-commerciale con Damasco, prevedono un embargo sul petrolio, il congelamento dei beni della banca centrale siriana, restrizioni all’esportazione di attrezzature e tecnologie, blocco dei capitali privati nelle banche fuori dal Paese (solo nelle banche libanesi giacciono circa 42 miliardi di dollari). In pratica, afferma Terrasanta.net, “le sanzioni bloccano l’industria energetica e ogni tentativo di ricostruzione”. Al di là della “ipocrisia” Ue che per bocca del suo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha ribadito l’impegno a “cercare una soluzione politica al conflitto a beneficio di tutti i siriani e porre fine alla repressione in corso”, la realtà sul terreno è del tutto diversa, come denunciano l’arcivescovo greco-melchita di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart, e padre Ibrahim Alsabagh, parroco della comunità cattolica latina di Aleppo: “La gente – sono parole di mons. Jeanbart – non ha più cibo, elettricità, carburante e gas sufficienti per riscaldare le case.
Non riesce a ottenere prestiti e andare avanti. Se vogliono aiutarci ci aiutino a rimanere dove siamo e a continuare a vivere nel Paese in cui siamo nati”. “La sofferenza è il nostro pane quotidiano – rincara padre Alsabagh -. Il costo della vita aumenta e il reddito delle famiglie diminuisce. Molte delle nostre donne sono cadute in depressione. Molti padri si sono suicidati per la disperazione”. Intanto la pandemia “sta mietendo nel silenzio e nell’impotenza migliaia di vittime”. Sembra caduta nel vuoto, si legge nell’articolo, “la richiesta del 21 gennaio scorso dei vescovi cattolici e patriarchi ortodossi della Siria al neo eletto presidente Joe Biden, di rivedere il regime delle sanzioni”. Da qui l’appello di Terrasanta.net: “Chi vuole il bene della Siria e del suo popolo, oggi, non può non chiedere ad alta voce che vengano revocate le misure coercitive che gravano sulla vita quotidiana dei siriani. Cosa serve ancora per ascoltare il grido del popolo siriano?”.