Di don Tarcisio Chiurchiù, parroco, docente di storia della Chiesa e vice preside dell’Istituto Teologico Marchigiano
“Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno: perché tua è la gloria e la potenza per mezzo di Gesù Cristo nei secoli. Amen. Nessuno mangi o beva della vostra eucaristia, se non i soli battezzati nel nome del Signore, poiché egli ha detto: « Non date le cose sacre ai cani » (Mt 7,6).
Così recitava uno dei più antichi scritti patristici (fine I Secolo) la Didachè, quando raccomandava di celebrare l’Eucarestia, memoriale della Morte e Passione di Cristo, come sacramento di Comunione per tutta la Chiesa. E’ interessante che la Chiesa primitiva, offrendo il Pane eucaristico, poneva l’accento sulla koinonia cioè sulla grazia di fare Comunione oltre che sulla Presenza Reale di Cristo nel Pane e nel Vino.
Come i tanti chicchi di grano sparsi nei colli che ora sono pane e come gli acini d’uva che sono stati macinati insieme per divenire vino, così la Chiesa diventi Una, come unico è il Corpo di Cristo. Era cioè ben chiaro il programma contenuto nell’Eucarestia: Cristo offrendo il suo Corpo chiede che i tanti fratelli e sorelle che partecipano all’Eucarestia siano sempre più il Corpo di Cristo vivente nel tempo, a lode e gloria di Dio Padre. Fa pensare che in questo momento storico, segnato da una Pandemia, di cui le generazioni dagli anni Sessanta in poi non avevano nessuna esperienza, come questo aspetto possa tornare nuovamente profetico. L’Eucarestia, la cui celebrazione pubblica è stata sospesa nello scorso anno, per quasi tre lunghissimi mesi, è continuata in questo secondo anno di emergenza con le note restrizioni che hanno condizionato uno dei momenti più solenni della vita Parrocchiale: la celebrazione della messa di Prima Comunione dei bambini. Sappiamo bene che questa celebrazione, in una pastorale come quella odierna che privilegia la celebrazione e la catechesi dell’iniziazione cristiana (soprattutto dell’Eucarestia e della Confermazione) dei bambini ed adolescenti, è un’opportunità, forse l’unica, di un annuncio cristiano anche agli adulti, in primis alle famiglie interessate.
Tutte le famiglie, anche quelle generalmente non evangelizzate e cosiddette “lontane” si affacciano alle celebrazioni, ai momenti di catechesi appositamente organizzati per loro e sembrano per un attimo manifestare una certa simpatia e nostalgia di riallacciare il loro rapporto con la Comunità. A livello sociologico la Prima Comunione dei figli riesce a riunire persone da anni disperse, separate, ricomponendo almeno per quel giorno (il giorno della Prima Comunione) quella sospirata unione familiare, da anni interrotta per nuove relazioni iniziate: nessun’altro evento riesce a compiere questo “miracolo” di riunione familiare. Dall’altra parte il difficile momento di paura e di incertezza economica porta a galla i problemi di sempre nella celebrazione dei sacramenti: preoccupazioni estetiche (vestiti, pranzi, regali) che per alcune famiglie supera l’interesse che i loro figli siano consapevoli del dono e del significato del “fare Eucarestia” cioè del vivere la Comunione. Dovendo necessariamente prevedere più celebrazioni di Prima Comunione nella stessa parrocchia, i parroci non raramente si vedono costretti a rimandare celebrazioni a causa di decreti restrittivi che non permettono libera circolazione dei parenti e un dignitoso festeggiamento al termine della celebrazione: non vengono accolti volentieri i richiami ad una sobrietà e ad un eventuale posticipo nei festeggiamenti.
Le famiglie non riescono a volte ad entrare in questa novità del tempo, privilegiano anzitutto il riunirsi tra parenti, alla celebrazione della Comunione, ponendo seri dubbi sulla consapevolezza di quanta importanza abbia il cammino di fede per loro ed i loro figli. Così il sacramento della Comunione, in questo tempo, può divenire una manifestazione di disgregazione, svelando la fatica della Comunità stessa di aprire le porte dell’accoglienza ma sempre sorvegliando che chi entra abbia l’abito nuziale cioè quello battesimale. Si fa fatica più di ogni altro tempo a fare Comunione, non solo per il distanziamento, ma per la distanza che la Chiesa mostra verso i cosiddetti lontani e che a sua volta alcune famiglie mostrano verso la Chiesa-Comunità, “utilizzata” come bellissimo contorno di una favola da bambini, che svanisce all’imbrunire del giorno dei festeggiamenti. Nonostante tutto il Signore continua a riunire le genti disperse intorno a quell’altare in cui, tra indifferenza e devozione, si offre a noi per essere la Sua Presenza.