Colpisce l’invito “a consumare le suole delle scarpe” che Papa Francesco rivolge agli operatori dell’informazione nel Messaggio in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che celebriamo domenica 16 maggio.
Una sollecitazione che assume valenza ed importanza del tutto particolari per tutti coloro che nelle nostre Chiese operano all’interno del mondo dei mass media, divenendo spunto fondamentale per vivere quella “prossimità informativa” che ne è tratto peculiare.
Non si tratta, però, di un compito semplice o scontato: esso implica, infatti, la capacità di “abitare” il territorio dove la Chiesa locale risponde quotidianamente alla chiamata che il Maestro le rivolge a farsi annunciatrice della Parola e testimone della Speranza.
Una diakonia informativa che non si limita alla pubblicazione “passiva” delle notizie – magari rilanciando quanto da altri preconfezionato – ma si impegna, in primo luogo, a raccontare i fatti partendo dalle storie di coloro che ne sono protagonisti, dando a ciascuno un volto perché “nessuno è una comparsa sulla scena del mondo”. In questo modo il territorio, da semplice “luogo fisico” si trasforma proprio “in luogo teologico”: i protagonisti delle notizie escono dall’anonimato della categorizzazione riacquistando una dignità troppo frequentemente loro negata da una comunicazione divorata dalla velocità, preda delle fake news ed incapace del sempre necessario discernimento.
“Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere”, scrive Francesco.
Ai discepoli che gli chiedono dove abiti, Gesù non risponde limitandosi a comunicare un generico indirizzo ma rivolgendo quelle parole che poi Filippo farà proprie nel dialogo con l’amico Natanaele: “Vieni e vedi!”. Non una semplice informazione ma l’invito a condividere una proposta di vita.
Il “vedere di persona” obbliga a farsi prossimo, ad incontrare le persone dove e come sono (e la comunicazione è, appunto, prima di tutto comunione), a coinvolgersi con coloro di cui parla e con coloro a cui si parla.
“I discepoli – leggiamo ancora nel Messaggio – non solamente ascoltavano le parole di Gesù ma lo guardavano parlare”.
Per fare tutto ciò, però, è prima di tutto necessario “uscire”: un gesto già non scontato nell’era del web 2.0 ed ancora più raro in questo tempo di Covid-19 dove tutto sembra richiamarci invece alla “chiusura”, all’isolamento ed al distacco dagli altri.
Ecco perché l’invito a “consumare la suola delle scarpe” non rappresenta una semplice espressione colorita o la nostalgica riproposizione di un lontano trapassato ma la proposta dirompente per un giornalismo che sappia riconquistare a pieno titolo il suo ruolo nella nostra società e nella Chiesa.