DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto. Oggi la Chiesa celebra la Solennità della Santissima Trinità. Un mistero forse troppo grande per noi, un concetto astratto che, la maggior parte delle volte, teniamo da parte perché da riservare a teologi o addetti del mestiere.
Ma, oggi, la liturgia e soprattutto la Parola di Dio, ci vengono incontro e ci aiutano a capire cosa significhi che Dio è uno e trino.
Cominciamo dalla prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio. Mosè, parlando al popolo di Israele, gli fa fare memoria di tutto quanto Dio ha compiuto per esso «dal giorno in cui [Dio] creò l’uomo sulla terra…», cioè fin dall’inizio della Storia.
Un Dio che, con «prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori», ha scelto, liberato, accompagnato, rialzato il popolo stesso.
Un Dio che, attraverso «le sue leggi e i suoi comandi», ha voluto istruire, far crescere, aiutare a maturare Israele affinché, leggiamo sempre nel libro del Deuteronomio, potesse essere felice e potesse vivere al meglio, lui e la sua discendenza.
Non sono forse questi gli atteggiamenti, le modalità, l’opera di un padre nei confronti dei propri figli? Un Dio che, da Padre, ha cresciuto e spronato il suo popolo a riconoscere e scegliere sempre per la vita, per il bene, per la benedizione.
Un Dio, poi, che si fa Figlio, affinché, come nostro fratello, possa accompagnarci a riscoprire la nostra identità di figli di Dio. Un Dio fatto carne che ci incoraggia a tirar fuori da noi quel grido «Abbà, Padre» che Gesù stesso, nella sua vita terrena di Figlio, non ha mai smesso di rivolgere al Padre, un grido che ci è stato consegnato per ritrovarci figli e fratelli.
Perché, come ci conferma Paolo nella seconda lettura, possiamo essere certi e consapevoli di non aver «ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma […] lo Spirito che rende figli adottivi».
Figli, eredi, partecipi della gloria e della gioia del Padre, e non fedeli, devoti, sudditi, schiavi, soldati.
Un Dio che si fa Spirito affinché non manchiamo di credere che Lui, come ci indica Gesù nel Vangelo, è con noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Un Dio che, da Spirito, va oltre ogni confine di tempo e di spazio assicurandoci la sua presenza, la sua compagnia, la sua custodia sempre.
Questo Dio ci permette davvero, come canta il salmista, di riconoscerci beati perché ci dà la possibilità di toccare con mano il suo amore, il suo aiuto, il suo esserci di nutrimento, il suo rialzarci e liberarci continuo, il suo esserci da scudo, la sua giustizia, la fedeltà di ogni sua opera per noi.
Il suo essere un Dio Padre per noi, un Dio Figlio con noi, un Dio Spirito Santo in noi.