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Migranti, naugrafio “Bambini piccoli e donne abbandonati lì da più di tre giorni ma non importa a nessuno”

Di don Giorgio Zucchelli

In questi giorni un altro grande dolore: le tre foto scioccanti dei corpi di un neonato, di un bambino e di una donna abbandonati da più giorni sulla spiaggia di Zuwara, in Libia, portati lì dalla corrente dopo un naufragio. Sono state pubblicate da Oscar Camps, dell’ong Open Arms. “Bambini piccoli e donne abbandonati lì da più di tre giorni – scrive su Twitter – ma non importa a nessuno”. Sono parte degli 80 naufraghi segnalati il 18 maggio, di cui solo 33 si sarebbero salvati.
L’Oim (l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni Unite) calcola che da inizio anno siano almeno 173 i morti e 459 i dispersi nel Mediterraneo centrale: in tutto 632 vittime. Erano state 978 nell’intero 2020. E non è ancora cominciata l’estate delle tante partenze! Di fronte a questo ennesimo dramma, a conclusione del vertice di Bruxelles, il presidente Draghi esclama: “Le immagini di quei bambini sono inaccettabili!” E aggiunge: “Sul tema dell’immigrazione il nostro atteggiamento deve essere efficace, ma soprattutto umano”. L’Ue tuttavia è fredda, anche se il nostro premier esprime qualche timida speranza: “I primi passi sembrano dimostrare una certa consapevolezza che occorra una risposta solidale, non indifferente. Per ora sappiamo che saremo da soli fino al prossimo consiglio europeo (24 e 25 giugno). Sta a tutti noi prepararlo bene”.
La volontarietà dei ricollocamenti è inefficace e Draghi non esclude l’introduzione del criterio di obbligatorietà. Chiede quindi che le dichiarazioni di buona volontà si traducano in fatti. In più annuncia che si incontrerà con il premier Libico e chiede che l’Ue si muova economicamente in quell’area pretendendo come contropartita il rispetto dei diritti umani.
I problemi sono tanti. Da una parte la Libia dove i trafficanti sono sempre più attivi, rivendicando il ruolo avuto nel difendere il governo riconosciuto di Tripoli.
E poi l’Europa. Secondo Camps gli immigrati non sono stati “fatti morire” solo dai trafficanti, ma anche dal disinteresse degli Stati dell’Unione che non hanno ancora affrontato il problema seriamente.
E non dimentichiamo che forti sono i flussi migratori dal Sub-Sahara: Nigeria, Mali, Burkina Faso, Senegal, Costa d’Avorio, Liberia e altri Paesi della regione, i cui cittadini si dirigono verso la Libia per passare in Europa. Sono i Paesi dove le multinazionali occidentali si forniscono di metalli preziosi (soprattutto il coltan) il cui commercio è in mano alle bande armate che seminano morte dovunque e spingono alla fuga.

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