Disagio, fatica. E addosso il peso del lockdown, della scuola a singhiozzo, di mesi e mesi sentendo parlare di malattia, morti, restrizioni, distanziamenti, vaccini… Quanto pesa la pandemia su preadolescenti, adolescenti e giovani? La Fondazione Don Silvano Caccia Onlus, che comprende quattro consultori cattolici nel territorio comasco e lecchese, in particolare nelle città di Merate, Cantù, Erba e Lecco, ha realizzato una indagine – #COsaVIDico -, sviluppata tra febbraio e maggio 2021 e somministrata a 2.500 ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, riguardo al loro stato di benessere relazionale e psicologico.
La ricerca si è dunque concentrata prevalentemente su province dell’alta Lombardia e ha precisamente interessato un campione di 2.501 ragazzi (41% maschi e 59% femmine), 1.053 appartenevano alla scuola secondaria di primo grado, mentre 1.448 alla secondaria di secondo grado.
Il nodo-social. “Mi preoccupano le ore passate davanti a dispositivi elettronici: questo ci è dispiaciuto e non ci ha stupito vederlo anche nella nostra indagine”, sostiene Daniela Genesini, psicoterapeuta e referente delle attività esterne del consultorio di Merate. “Ora i genitori devono ‘palettare’ questo utilizzo poco sano dei dispositivi elettronici, finora poco controllato. Il 18% degli adolescenti ha ammesso di voler smettere di utilizzare i social, ma di non riuscire.È tempo di dare spazio alle relazioni tra pari: i ragazzi ne hanno più bisogno che mai. Occorre riconoscere il loro bisogno di libertà, di uscita in relazione diretta.L’utilizzo eccessivo dei social ci ha portato a riconoscere il corpo solo come qualcosa che si vede. E invece il corpo è anche qualcosa che fa. È tempo di riscoprirlo”.
Pandemia: e poi? Elena Galluccio, psicologa e mediatrice famigliare, referente delle attività esterne del consultorio di Lecco, puntualizza: “il mondo degli adulti non è chiamato a intervenire solo nelle situazioni in cui emergono fragilità o per sedare istanze distruttive degli adolescenti. L’adulto non deve arrivare solo in occasione di emergenza. Dobbiamo pensare anche agli adolescenti sani e al tipo di richieste che fanno al mondo adulto”. Interessante in proposito la risposta dei ragazzi alla domanda “Quando la pandemia sarà finita…”: più del 40% risponde di non riuscire ad immaginare il proprio futuro. “Questa affermazione – dice Galluccio – ci interroga su quanto gli adulti (genitori, insegnanti ed altri professionisti) siano in grado di offrire ai ragazzi un mondo in cui potersi immaginare”.
Un punto di partenza. Altro richiamo giunge da Emanuele Fusi, insegnante in un liceo di Monza e presso l’Università Bicocca di Milano, pedagogista presso il consultorio di Erba: “Richiamiamoci tutti al compito educativo: questo deve essere il primo effetto di questa ricerca. Che sia un punto di partenza per riflettere e offrire prospettive, direzioni. Dobbiamo ripensare all’esperienza educativa che offriamo a tutti gli adolescenti e preadolescenti, perché solo così sapremo poi focalizzare l’attenzione sui più fragili, evitando generalizzazioni o semplificazioni”.