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A Loreto il Pellegrinaggio della speranza

Domenico Bartolini

LORETO – Sullo schermo, appaiono i flambeuax che punteggiano la notte, il corteo che si ricompatta alle prime luci dell’alba e scende giù come una placida piena lungo Monte Reale. Gente con il volto contratto dallo sforzo, altri che cantano allegri e anche ballano. E infine lo spasso del giovane fraticello, che con un aspersorio di saggina irrora tutto contento acqua santa dal sagrato della Basilica.  Poi la scena cambia di colpo. Il Pellegrinaggio a cui eravamo abituati da 40 anni, con la sua baldanza allegra e popolare, fatto di intensa devozione e lieta gazzarra, lascia il posto ad una celebrazione nitida ed essenziale, con neanche cento persone, senza nulla fuori posto, che per un momento appare quasi fredda nella nitida geometria della piazza del Bramante. Ma è una sensazione che dura poco. Mano a mano che il gesto prende forma, i volti di quei ragazzi in processione, i canti, la preghiera del Rosario, le testimonianze, la telefonata del Papa: tutto aiuta a compiere un cammino, certo diverso, ma più interiore, dentro una  «circostanza nuova – dice Ermanno Calzolaio, presidente del Comitato del pellegrinaggio – che ci chiede un passo più profondo e ci fa scoprire ancor di più bisognosi, rendendo più acuta la domanda sul senso del vivere e del morire».
Da due anni, il Pellegrinaggio Macerata-Loreto è un’altra cosa, inutile negarlo; ma quest’altra cosa ha comunque sempre salvato l’essenziale: il cammino verso un orizzonte. Lo ha ricordato bene papa Francesco, nella sua telefonata starter (con la quale, da anni, il pellegrinaggio prende il via) ad un don Giancarlo trepidante come un adolescente al suo primo appuntamento. «Guardiamo l’orizzonte e camminiamo insieme, aiutandoci gli uni gli altri – è stato l’invito del papa – Che la vita sia un cammino di speranza e non una passeggiata in un labirinto. E mi viene in mente quel che ho detto l’altra volta, che diceva S. Agostino: “Canta e cammina”. Se sei capace di cantare è perché hai gioia nel cuore e quando c’è gioia nel cuore si cammina verso la speranza. Che la Madonna vi custodisca e il Signore vi accompagni».
La telefonata è arrivata quando il piccolo corteo del pellegrinaggio era appena arrivato sul sagrato della Basilica, dopo essere entrato in piazza dall’arco sul lato nord. Un corteo simbolico con il crucifero e il tedoforo con la fiaccola davanti, poi un disabile in carrozzina, quindi cinque ragazzi con migliaia di intenzioni di preghiera, don Giancarlo, il sindaco di Loreto, il vicario della città mariana (l’arcivescovo Dal Cin è a Padova per i festeggiamenti di sant’Antonio), il rettore della Basilica.  La fiaccola è arrivata a Loreto con sette podisti, gli unici che hanno fatto tutto il cammino da Macerata a piedi. Erano partiti alle 16, dalla chiesa della Misericordia, dopo la benedizione del vescovo Marconi e con il viatico del sindaco Parcaroli.
Un “cammino di speranza” ha sottolineato il papa, riprendendo il tema di questo 43° pellegrinaggio: “Quando vedo te, vedo speranza”. E nel suo messaggio, l’arcivescovo Dal Cin ha ringraziato Maria «per aver accolto nella casa di Nazareth Gesù, la speranza di tutti». Di speranza ha parlato Alessandro, un recluso nel carcere di Opera, vicino Milano, dicendo che per loro carcerati la speranza, in genere, non va più in là del pacco che si aspetta da casa o del rinvio di una perquisizione. «Di che speranza vuoi che parli quel mio compagno, al quale, ieri, è arrivata la lettera di conferma dell’ergastolo?» Eppure, riconosce Alessandro, lui ha visto una speranza con la “S” maiuscola, nel volto del cappellano, in quello di alcuni volontari o dell’amico fuori dal carcere, che gli ricorda sempre che «non c’è gioia che non abbia radici a forma di croce».
Nel guidare il Rosario, don Luigi Traini ha ricordato che Gesù, dalla croce, ci ha consegnato nelle mani di Maria e che attraverso di Lei tutto diventa possibile, qui ed ora e che con Lei si può stare ai piedi della croce, della nostra croce. Com’è capitato a Giancarlo, 67 anni, conosciuto avvocato maceratese. Con lui il Covid non ha scherzato. Si era ammalto a novembre dello scorso anno. Un mese dopo i medici avevano avvertito la famiglia di preparare il necessario per il peggio. Ieri sera era lì, davanti alla santa Casa, a chiedere alla Madonna di aiutarlo a fare memoria di Gesù «adesso, in questa vita ridonata e nel momento della nostra morte». «Durante la malattia – ha aggiunto Giancarlo – la mia speranza ha preso corpo nel mio parroco che mi portava l’unzione degli infermi, nei medici, nella mia famiglia, negli amici che per cinque mesi, tutte le sere, si collegavano in internet e recitavano il Rosario per me e gli altri ammalati».  «Gesù si carica di tutta la nostra umanità – ha detto ancora don Traini – e noi dobbiamo guardare a Lui come al punto da cui partire e tornare a vivere, certi della positività della nostra vita e del volto buono del Mistero». Dopo l’adorazione della Croce, il rettore dà la benedizione eucaristica. All’interno della santa Casa, la “Casa dell’aurora” l’ha chiamata don Giancarlo, nelle mani della Vergine vengono messe le tantissime intenzioni di preghiera arrivate da tutto il mondo. È recitato l’atto di consacrazione alla Madonna e annunciata la data del 44° pellegrinaggio: l’11 giugno 2022. Don Giancarlo ha ringraziato per la preziosa collaborazione la Delegazione pontificia della Santa Casa e ha concluso con le parole di Julian Carron, presidente della Fraternità di CL: «Vi auguro di imbattervi costantemente in persone di cui possiate dire: «Quando vedo te, vedo speranza», persone che rinnovino l’esperienza entusiasmante di quell’imprevisto che rende la vita vita. Persone che sostengano la nostra speranza. Per questo domandiamo alla Madonna il dono di occhi spalancati per intercettarle e seguirle».

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