Ripristinare flussi di ingressi regolari nei settori che hanno più bisogno di lavoratori, come la sanità, il turismo e l’agricoltura; reintrodurre il sistema di sponsorship private e “prestazione di garanzia” per far entrare lavoratori dall’estero; ampliare i corridoi umanitari ed estenderli ad altri Paesi europei; superare il Regolamento di Dublino prevedendo la possibilità, per chi si sposta per i 3 mesi consentiti, di accettare un impiego in un Paese diverso da quello di arrivo e possibilità di sponsor privati che possano richiedere l’autorizzazione all’ingresso per ricerca di lavoro per un anno. Sono queste le principali proposte in materia immigrazione che la Comunità di Sant’Egidio rivolge al Governo italiano e a tutti i governi in vista del prossimo Consiglio europeo “per una giusta e legale immigrazione”. A partire da una esperienza di 40 anni, la Comunità di Sant’Egidio invita la politica italiana ed europea ad affrontare la fase della ripartenza dopo la pandemia tenendo conto anche dell’inverno demografico in corso e della mancanza di lavoratori in alcuni settori, per far incontrare domanda ed offerta, i bisogni delle famiglie italiane e di chi emigra e “per garantire legalità e sicurezza per tutti”. “Il tema della ripartenza può essere una occasione per cambiare in meglio – ha detto oggi Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio in conferenza stampa –, per creare un mercato del lavoro sano e non tenere nessuno in situazione di irregolarità”. Ci sono infatti 600.000 persone in Italia “che se regolarizzate sarebbero una grande ricchezza per il gettito fiscale dello Stato, le pensioni e il welfare”. Il problema di fondo è che l’Italia è a saldo zero tra emigrazione e immigrazione: “Gli italiani all’estero sono aumentati del 60% in 10 anni, passando da 3.100.000 a quasi 5 milioni. Nel 2019 sono emigrate 180.000 persone, di cui il 75% italiani, un numero pari alle persone arrivate in Italia. Perdiamo giovani, competenze e attrattività nel mercato del lavoro. Potremmo andare a cercare lavoratori qualificati nei Paesi extra-Ue”. Gli esempi concreti non mancano, anche dalla cronaca recente. “C’è una carenza del 20/30% di personale nel turismo e nella ristorazione – ha ricordato Impagliazzo –.

Mancano 50.000 lavoratori in agricoltura e 60.000 infermieri nella sanità. Le famiglie soffrono per le carenze nell’assistenza degli anziani. Ci sono Paesi come il Perù, l’Argentina e la Romania che hanno scuole infermieristiche con livelli molto elevati ma manca l’equipollenza dei diplomi. Chiediamo al Governo italiano di riconoscere i titoli e impiegare immediatamente questo personale”. Impagliazzo ha chiesto anche di velocizzare le 220.000 domande di emersione dal lavoro nero del governo Conte: “Ne sono state accolte pochissime perché le pratiche non vengono lavorate”. Tutte le proposte, ha concluso Impagliazzo, “sono nell’aria da tempo ma non si ha il coraggio politico di fare scelte semplici e di buon senso , che potrebbero essere messe in pratica nell’immediato”.

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