DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Nel corso della nostra vita non sono mancate e non mancheranno mai circostanze nelle quali abbiamo come l’impressione che Dio ci abbia abbandonati, specialmente quando le difficoltà ci assalgono.

Almeno una volta sarà capitato a ciascuno di noi di mettere in dubbio, in discussione l’amore di Dio e la sua bontà, soprattutto quando siamo stati oggetto di ingiustizie, di soprusi, quando la malattia, il lutto ci hanno fatto visita.

Anche i discepoli, oggi, sono tormentati da questi interrogativi, da questi dubbi: sono sulla barca, stanno attraversando il lago di Tiberiade di notte, quando scoppia «una grande tempesta di vento».

E nel bel mezzo di quel mare grosso con «le onde che si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena» di acqua, mentre i discepoli si affannano per non farla affondare e non annegare, Gesù cosa fa? Gesù dorme saporitamente a poppa della barca, addirittura, leggiamo nel Vangelo, «sul cuscino». «Maestro, non t’importa che siamo perduti?», gridano i discepoli!

I discepoli lottano contro il vento e Gesù dorme.

Sembra una situazione che conferma tutte le nostre perplessità: se Gesù non risponde quando e come voglio io, allora si è addormentato. Se Lui non risolve i miei pasticci, allora è lontano e distante. Se le mie preghiere sembrano cadere nel nulla, è perché Lui ha altre cose per la testa.

Dio, dove sei? Perché dormi? Perché non intervieni?

È proprio così che ci succede: anche se magari crediamo di avere una fede matura, di essere cristiani adulti, nella prova interroghiamo Dio sulla sua presenza, arriviamo anche a contestarlo e talvolta a dubitare della sua capacità di essere un Salvatore. La sofferenza, l’angoscia, la minaccia ci rendono simili ai discepoli sulla barca in tempesta, uomini che gridano «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

Scrive un teologo: «Dio non mi salva dalla tempesta ma nella tempesta. Non protegge dal dolore ma nel dolore. Non salva il Figlio dalla croce ma nella croce».

Forse allora è la nostra fede a dormire. Gesù, sulla barca, riposa perché, insieme con Lui ha imbarcato anche Dio, quel Padre in cui ha fiducia piena, quel Padre che sa capace di portare avanti il suo disegno, la sua storia di amicizia con l’uomo anche in mezzo alle tempeste, anche sulle strade agitate, complicate di questo nostro tempo.

Per questo Gesù chiede a noi, quasi rimproverandoci: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

Perché vi ostinate a tenere stretta a voi le briglie della vostra vita e non le consegnate nelle mie mani, a me che sono accanto a voi sempre, anche quando vi sembra che non ci sia, anche quando vi sembra che stia dormendo?

Invitiamo Gesù nella barca della nostra vita. Consegniamogli le nostre paure perché Lui le vinca. Se permettiamo alla sua parola di far breccia dentro di noi allora potremmo sperimentare la tanta pace che Dio semina anche nel cuore delle tempeste più impossibili. Con Gesù, infatti, c’è sempre un cuscino su cui far riposare la stanchezza e la paura che a volte ci prendono…certi che con Lui a bordo non si fa naufragio, certi che Lui saprà condurci al porto tanto sospirato!

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