Di Don Gian Luca Rosati dal blog Gioia e Pace
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ne incontro due oggi pomeriggio nel campetto parrocchiale.
Mi chiedono se mi va di fare due tiri a pallone con loro.
Accetto volentieri.
Giocano a calcio con una società sportiva e si vede perché hanno rispetto per il pallone: non lo calciano alla rinfusa, tanto per calciare, ma con precisione.
Mentre giochiamo, uno mi mostra orgoglioso la crocetta che porta al collo e mi chiede se mi piace.
“Certo! È bellissima”, gli rispondo.
L’altro mi chiede come ho scelto di diventare prete.
“L’ho scelto perché cerco come tutti la felicità e con Gesù sono felice”.
Poi mi chiedono come si diventa prete e gli dico dei cinque anni di seminario, dell’ordinazione sacerdotale e degli undici anni trascorsi da quel giorno. E uno dei due mi chiede se lì al campetto ho mai rimproverato qualcuno.
“Sì. A volte mi capita di rimproverare quelli che con la scusa di giocare a pallone dicono un sacco di parolacce. Secondo me, chi dice parolacce non sa giocare a calcio, perché chi non sa controllare la lingua non sa neanche controllare la palla”, rispondo sorridendo.
Ora che s’è fatta sera e ripenso a quei due uomini di Dio, due ragazzi delle medie come ce ne sono tanti, mi chiedo se sapremo crescerli e custodirli così, semplicemente contenti di esserci e di giocare insieme correndo dietro a un pallone, lieti di un’amicizia e attenti a tutto quello che sa di felicità.
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