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I 160 anni de L’Osservatore Romano

Riccardo Benotti

Per festeggiare la ricorrenza dei 160 anni “L’Osservatore Romano”, dall’1 al 5 luglio, esce con cinque inserti “speciali” con gli articoli dei direttori dei grandi giornali italiani e internazionali che inaugurano una serie di iniziative in programma lungo tutto l’anno di questo anniversario, con altre edizioni speciali ed eventi. E sempre domani sarà pubblicato un messaggio scritto da Francesco. “Il Papa legge il giornale tutti giorni, dalla prima all’ultima pagina. E quando non esce gli manca. Per noi è una responsabilità enorme, perché significa che facciamo cose belle e non ci dobbiamo distrarre”, afferma il direttore Andrea Monda.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

All’Angelus della solennità dei santi Pietro e Paolo, il Papa ha chiesto “fedeltà e creatività” a L’Osservatore Romano?

Grande entusiasmo e gratitudine nei confronti del Santo Padre, che sin dall’inizio della mia direzione è stato incoraggiante e propulsivo. Con ironia ci chiama “giornale di partito”, ma non lo vuole così. Lui chiede fedeltà e creatività. Ovvero libertà di espressione, capacità di essere larghi e inclusivi, dialoganti.

Chiede ancora di più a un giornale che per 160 anni è stata la fonte istituzionale più autorevole. Questa funzione bisogna mantenerla, ma al tempo stesso dobbiamo essere creativi.

Il rapporto tra queste due parole indica la cifra di questo giornale “singolarissimo”, come lo chiamò l’allora cardinale Montini in occasione del centenario. È un giornale che non ha simili: una testata istituzionale che è la voce di uno Stato e, al tempo stesso, il racconto della vita della Chiesa e del ministero del Santo Padre.

Difficile coniugare la fedeltà e la tradizione con la creatività?

Ho cercato fin dall’inizio della mia direzione di fare un giornale che sia attraversato da domande e interrogativi, da dibattiti e riflessioni. Penso alla rubrica “Sabato italiano”, nella quale si confrontano visioni diverse sul tema della crisi della Chiesa. La Chiesa, infatti, vede un calo della pratica religiosa ma questo è un segnale che può essere letto in tanti modi. C’è una forte domanda di spiritualità. Penso alla rubrica sul tema del racconto, che ha visto intervenire scrittori e artisti di tutto il mondo e di tutte le fedi. Così come all’inserto mensile “Donne Chiesa mondo” con un comitato di redazione composto da donne di fedi differenti.

Un approccio inclusivo e dialogante vuol dire creatività, offrire chiavi interpretative al lettore partendo dalle parole del Papa.

Un’altra rubrica è “Ospedale da campo”: da oltre due anni racconto storie in cui si vede cosa fa la Chiesa per curare le ferite di un’umanità dolente. Creatività significa offrire spunti di riflessione per domande, non accontentarsi di facili risposte. Stimolare l’immaginazione e l’intelligenza del lettore a partire dal bagaglio straordinario che è la fede cristiana.

Anche sulle questioni controverse?

Dobbiamo avere coraggio di parlare di tutti i temi, anche quelli scomodi. Chiamare a riflettere insieme le persone, non solo i cristiani ma tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Lei ha un rapporto privilegiato con il Papa.

È un dono di cui sono grato. La stima del Papa nei miei confronti e del giornale fa scaturire un dialogo fruttuoso. Penso al caso di Edith Bruck: dopo aver letto l’intervista pubblicata su L’Osservatore Romano, il Santo Padre ha deciso di conoscerla personalmente e mi ha incaricato di organizzare l’incontro che poi è diventato un’altra storia da raccontare sul giornale. Questa è la creatività di cui parla il Papa: quell’incontro vale più di tanti discorsi sul rapporto con l’ebraismo. Il giornale, anche con la forza delle immagini, vuole raccontare storie.

Non c’è tanto spazio per concetti astratti, ma per le storie e le persone.

Questo è il modo di evangelizzare al passo con i tempi, creativo ma fedele. È il modello di Gesù che raccontava parabole. Storie in cui tutti possono identificarsi.

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