Lettera dalla Caritas luglio 2021
“Migranti. Naufragio al largo della Tunisia, 84 salvati, almeno 43 persone hanno perso la vita: erano partite dalla Libia con destinazione Italia. E 14 cadaveri sono stati restituiti dal mare e ritrovati sulle coste libiche”.
Così si legge su un giornale di domenica 4 luglio. A notizie come questa non possiamo fare l’abitudine! La questione primariamente è umana: tragedie del genere chiedono una riflessione, almeno una lacrima, una preghiera o il silenzio, per chi non è credente.
Durante la pandemia ci siamo sentiti ripetere spesso che “siamo tutti sulla stessa barca”! Non si andrà lontano se non si diventerà più fratelli e più sorelle, se non si supererà la logica dell’esclusione degli altri, se non si affronterà, in maniera seria e serena, il preoccupante ritorno del razzismo che, ai nostri giorni, prende di mira in modo particolare chi viene dal continente africano.
Eppure, il grande cantore della ‘negritudine’, Leopold Sedar Senghor, affermava come le culture e le identità crescono incrociandosi e meticciandosi: “La vera cultura è mettere radici e sradicarsi. Mettere radici nel profondo della terra natia. Nella sua eredità spirituale. Ma è anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia e al sole, ai profondi rapporti con le civiltà straniere”.
Purtroppo, dobbiamo ammettere il grande vuoto culturale, che a volte si respira anche in ambienti cristiani. È necessario sradicare pregiudizi, ipocrisie, ambiguità per dare corpo, a livello di popolo, ad una vera cultura della “convivialità delle differenze”, come amava dire don Tonino Bello, ad una cultura della cura e dell’incontro.
A tal proposito è molto interessante la riflessione di Filomeno Lopes nel libro “Per una democrazia post-razziale” (San Paolo 2021), scritto insieme a Roberto Mancini, diretta in particolare ai pastori della Chiesa Italiana- Europea e di quella Africana, una chiesa che non ha avuto lo stesso passato ma che, cosciente del suo essere cattolica, interculturale, plurale, non può non pensare di costruire insieme il futuro. L’autore invita le comunità cristiane a dar vita a delle forme di comunicazione e informazioni tese a rafforzare la mutua conoscenza tra cattolici italiani/europei ed africani.
La cosa importante, come ricorda papa Francesco, è non ‘aggettivare’ la gente, non chiamare le persone con parole come clandestini, immigrati, negri ecc. ma per nome. Come sarebbe bello accostarsi alle persone chiedendo: come ti chiami? chi sei? cosa fai? cosa sente il tuo cuore? quali sono i tuoi sogni? …
Scrive Filomeno Lopes: “Che nel terzo millennio dell’era cristiana ci siano ancora fedeli cristiani e cattolici che credono fermamente nei miti del negro “infanzia dell’umanità”, teoricamente elaborati da antropologi, etnologi, biblisti, teologi, giuristi, e finalmente ben consolidati da più noti filosofi illuministi della storia ( Kant, Hegel, Voltaire, Montesquieu, ecc.), e che portano conseguentemente alla legittimazione e alla conseguente legislazione della dottrina ‘scientifica’ sul razzismo anti-negroafricano (i “Godes Noir di Luigi XIV), della schiavitù e della Tratta Atlantica Negriera, seguita poi dalla colonizzazione e dall’Apartheid, è una chiara dimostrazione che i fedeli cristiani cattolici italiani ed europei non hanno mai preso sul serio il significato di tutto ciò per le popolazioni africane”.
Sembra proprio che non siamo arrivati a maturare l’idea che a tutti vanno assicurati gli stessi diritti umani. Ad esempio, ci sono giovani italiani ed europei che, fortunatamente, ancora inseguono sogni e nutrono speranze, non potendole però realizzare nella propria terra, emigrano in altri paesi. È lecito chiedersi come mai gli stessi sogni, chiaramente anche di natura economica, sono negati alla gioventù africana, per cui basterebbe un ‘aiutiamoli a casa loro’? (o meglio sarebbe dire: “aiutiamoci a casa loro!”). “Sulla base di quale concezione giuridica, etica e politica, un giovane italiano, può tranquillamente entrare in Senegal senza visto mentre lo stesso diritto è, non solo negato, ma vietato al giovane senegalese?”.
A tal proposito quando si parla di rispetto dei confini territoriali, non dobbiamo dimenticare che nella storia dell’umanità, forse non c’è stato un solo caso in cui il sistema nord-occidentale abbia rispettato i confini di un paese del sud del mondo!
Filomeno Lopes si pone anche la domanda su cosa sarebbero oggi i vari Magellano, Marco Polo, Amerigo Vespucci, Cristoforo Colombo, Vasco da Gama: navigatori o scafisti? La loro avventura migratoria perché sarebbe legale e quella odierna illegale?
“Ora, gli uomini che questi navigatori – come ci ostiniamo a chiamarli diligentemente – hanno trasportato in Africa e nelle Americhe, hanno commesso orrendi crimini contro l’umanità nonostante l’ospitalità che gli fu concessa come testimonia Vasco de Gama, parlando del suo arrivo ad Injambane, in Mozambico, avvenuta il 10 gennaio 1499. “Avvicinandosi agli indigeni”, dice, “chiesi il nome della località dove ero arrivato. Siccome pioveva tanto, gli abitanti del posto gli hanno risposto con un sorriso dicendogli. “Bela nyambani” che vuol dire “entra in casa” (Ezio Bono). Non era stato considerato un clandestino da quella popolazione, un delinquente, ma un ospite umano!
Proprio questi uomini del mare del passato in fondo ci ricordano che la vita è “un’avventura migratoria”. “Siamo pertanto ospiti di Dio nel mondo che è, di fatto, la ‘nostra’ unica casa comune che abbiamo. In realtà nessun paese ci appartiene, così come nulla di quanto pensiamo di possedere ci appartiene”.
Di fronte al diffondersi dei sovranismi/nazionalisti, all’esplosione del razzismo come logica “normale” di disprezzo e di esclusione degli altri – scrive Andrea Riccardi nella prefazione del libro – noi cristiani siamo chiamati a costruire una società corale, fraterna e sororale, capace di una democrazia post-razziale e post-etnica, perché ci sia un ritorno all’umanità, alla dignità, alla giustizia e alla pace.
Tutto questo a partire dal nostro piccolo, dagli incontri quotidiani, dalle relazioni che la storia continuamente ci propone.
Un giorno, forse non molto lontano, scoprendo l’immenso cimitero nei fondali del mar Mediterraneo, il mondo si chiederà dove eravamo…E arriverà anche il momento in cui il Signore dell’Universo potrebbe dirci: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».
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