Alessandro Di Medio

Oggi papa Francesco, come già in diverse occasioni san Giovanni Paolo II, reciterà l’Angelus dal Policlinico Gemelli, durante la sua convalescenza post-operatoria. Due papi inquieti, questi, che neppure la vecchiaia e la malattia riescono a fermare almeno per un po’: indefessi fino allo stremo (chi di noi non ricorda Giovanni Paolo II nei suoi ultimi, drammatici ed eroici giorni?), i Pontefici che si sono succeduti da circa 70 anni ogni domenica si ritrovano con i fedeli per l’Angelus, perché la Chiesa, ancora una volta, almeno per una settimana ancora, possa fare sentire la sua voce in pubblico, voce di preghiera e di benedizione, voce di denuncia e di esortazione – la voce del Papa, a nome di tutti i cattolici.

L’Angelus delle 12.00 è l’appuntamento che il Papa dà ogni domenica al mondo:

più snello e meno contenutistico delle udienze del mercoledì, esprime in poche parole asciutte la comunione che vige tra tutti i cattolici nella preghiera, e ha anticipato di anni la questione di “sacramentaria virtuale” che con il covid e le Messe in streaming si è imposta ultimamente alla riflessione della Chiesa; infatti già da sempre, e senza farsi alcun problema, i fedeli che da tutto il mondo seguono tramite i media la preghiera dell’Angelus accolgono la benedizione finale del Papa e si sentono serenamente ed efficacemente benedetti. Questo dipende dalla diversa estensione del potere del Papa (“Urbi et Orbi”), o dalla (sovra)natura dell’azione dello Spirito, che in quest’epoca social va riconsiderata a partire dal fondamento e dalle mutate circostanze?

Fatto sta che il Papa non ci rinuncia all’Angelus, nonostante gli acciacchi e la necessità di riposo: saltare l’Angelus creerebbe uno strano vuoto nel cosmo cattolico, come nei giorni desolanti successivi alla morte di Giovanni Paolo II, in cui guardavamo verso quella finestra e la vedevamo chiusa, e la Chiesa silenziosa, in attesa che un nuovo puntino bianco da lassù, appena intravisto ma chiaramente presente, comparisse a salutarci e a benedirci.

Non ci sorprenda allora che Francesco voglia fare ciò dalla camera della sua degenza: proprio l’infermità di Pio XII suggerì che quell’Angelus del 15 agosto 1954, il primo recitato mediaticamente, fosse detto dallo studio del Papa, affinché non si affaticasse; la scelta di quella finestra, dunque, non ha motivi tanto rappresentativi o di propaganda (“il Capo non riposa, è sempre alla scrivania!”), quanto di facilitazione per un uomo in ogni caso anziano (chicchesia il Papa in questione) e senz’altro gravato di affanni e di fatiche. Quindi l’Angelus ha anche questa valenza: introdurci in qualche modo alla vita privata del Papa, uno dei pochi uomini al mondo che quando si affaccia dalla finestra di casa sua si incontra con il mondo intero;

rispetto però agli altri, pochi, uomini che quando escono di casa loro incontrano il mondo, il Papa non ha paura di mostrare la sua fragilità, la sua fatica – la sua convalescenza ospedaliera, nel caso di Francesco.

Il Papa se lo può permettere perché, quando si affaccia e incontra il mondo, il mondo incontri Cristo crocifisso e risorto, che non ha paura di manifestarsi nella vecchiaia, nella fatica, nella malattia… nella croce che il suo Vicario porta, e certamente non solo pendente al collo!

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