di Daniele Rocchi
Dopo un anno di attesa tutto è pronto a Tokyo per l’inaugurazione dei Giochi giapponesi in programma allo Stadio Olimpico venerdì 23 luglio. La rappresentativa azzurra che sfilerà sotto il tricolore durante la cerimonia inaugurale è composta da 384 atleti in gara in 36 discipline, 198 sono uomini, 186 le donne e 14 le riserve (8 uomini e 6 donne).
La XXXII edizione delle Olimpiadi, tuttavia, non inizia sotto i migliori auspici: si registra un focolaio Covid-19, con positivi tra atleti, organizzatori e giornalisti. Proprio in questi giorni il Giappone sta facendo registrare picchi di contagi che non si vedevano dal gennaio scorso quando furono registrate punte di oltre 2500 casi giornalieri. Mancheranno, poi, per motivi diversi, moltissimi atleti di risonanza mondiale, tra questi Usain Bolt, Roger Federer, Serena Williams, il nostro Berrettini e la velocista americana Sha’Carri Richardson.
Alla vigilia dell’inaugurazione il Sir ha parlato di Olimpiadi con il presidente del Csi, il Centro Sportivo italiano, Vittorio Bosio. ll Csi è la più antica associazione polisportiva attiva in Italia. Nata 77 anni fa, vanta 1,3 milioni di iscritti, il 60% dei quali ha meno di 16 anni, che militano in 12.708 Società Sportive, di cui 707 con atleti disabili, 132.338 sono invece gli allenatori, animatori, arbitri, giudici, e dirigenti. Il Csi, inoltre, è sempre stato una fucina di campioni, anche olimpionici: targati Csi sono, tra i tanti, Gianni Rivera, Carlo Pedersoli (Bud Spencer), Roberto Brunamonti, Cristian Zorzi, Elena Togut, Francesco Moser, Moreno Argentin e Felice Gimondi. Tutti partiti dalla base, dal Csi, dagli oratori e società collegate.
Presidente, siamo alla vigilia di Giochi Olimpici assolutamente inediti, tra Covid, defezioni e fuga di sponsor. Che Olimpiadi saranno?
Saranno Olimpiadi segnate dalla preoccupazione per la pandemia. Non ci sarà il pubblico sugli spalti e questo le renderà un po’ tristi. La visibilità garantita dalle televisioni e dai media di tutto il mondo non basterà, infatti, a supplire il calore di tifosi e appassionati che anima le gare durante il loro svolgimento. Nell’ultimo anno ci siamo un po’ abituati a vedere gli stadi vuoti a causa del Covid-19 salvo poi riscoprire, durante gli Europei di calcio, la bellezza dello sport con il pubblico presente.
La situazione è complicata ma credo sia giusto gareggiare per dare un segno di speranza. Se avessero sospeso o rimandato ancora questi Giochi il messaggio lanciato sarebbe stato di preoccupazione e pessimismo per il futuro.
Nonostante tutto il fascino dei Giochi resta intatto…
Eventi come le Olimpiadi naturalmente trasmettono speranza, spirito di emulazione, veicolano tanti valori condivisi e vissuti anche nella quotidianità dello sport di base. Dunque lasceranno il segno: questi Giochi, da un lato, ci dicono che non siamo ancora fuori dalla pandemia e che per questo dobbiamo essere attenti e prudenti, ma dall’altro ci ricordano che lo sport è un generatore di speranza, una scuola di resilienza mai come adesso.
Scuola di resilienza, in che modo?
Perché lo sport, in questo caso le Olimpiadi, fa emergere tutta la voglia di ricominciare. Come Csi non intendiamo vanificare quell’atteggiamento che ci ha visto, durante il lock down dello scorso anno, sempre attivi dal punto di vista della preparazione e della formazione dei dirigenti. Non ci siamo mai fermati del tutto, facendo quel che era possibile. È in fondo quello che lo sport vuole trasmettere: speranza, fiducia nel futuro, per tornare ad essere quello che eravamo prima. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi. A Tokyo vedremo qualcosa di nuovo e di inedito. Forse i Giochi ci aiuteranno ad apprezzare di più quel che avevamo e che, per ora, non abbiamo più. Saranno le Olimpiadi della resilienza.
A Tokyo, dopo 127 anni cambia anche il motto olimpico. Al “Citius! Altius! Fortius!” adottato dal Cio sin dalla sua fondazione, nel 1894, è stata aggiunta la parola “Communis”, ‘insieme’, a voler sottolineare come la lotta contro il Covid-19 debba essere portata avanti da tutti.
Anche se non citata nel motto, la parola ‘communis’ è sempre stata presente nel contesto olimpico. Credo che lo sport contribuisca naturalmente a promuovere valori di fratellanza e di unione.
In un periodo come questo, in cui emergono egoismi e individualismi, ci stiamo rendendo conto che da soli non ci si salva. Un messaggio, questo, ripetuto spesso da Papa Francesco. Io spero che la sua voce autorevole arrivi a convincere tutti che abbiamo bisogno di comunione e di fratellanza. Le Olimpiadi sono anche questo se interpretate nel verso giusto.
Ad ogni Olimpiade lo sguardo degli appassionati, innegabilmente, si posa sul medagliere. Cosa prevede per gli italiani in gara? Un pronostico…
Sono piuttosto fiducioso per i nostri atleti. Gli ultimi successi – penso per esempio agli Europei di calcio, al tennis, alla qualificazione olimpica per nulla scontata del nostro basket – ci inducono a un certo ottimismo. Quando c’è spirito di squadra, c’è attaccamento, impegno e sacrificio si possono ottenere risultati fantastici. Credo, quindi, che avremo dei buoni risultati.
Quale augurio rivolge ai nostri atleti?
Il mio augurio è che vivano questa Olimpiade con serenità. La medaglia è certamente importante ma lo è altrettanto il fatto di essere arrivato a Tokyo a rappresentare l’Italia. Essere a Tokyo è già una vittoria.