SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Effetto boomerang del gioco d’azzardo: è allarme con le riaperture delle sale slot e dei punti giochi, dopo il lockdown. Tanto che in una nota, il Ministero della Salute sottolinea le preoccupazioni per la ripresa a regime delle attività di gioco d’azzardo, indicando una serie di “stringenti raccomandazioni” e mettendo anche in guardia dal rischio di diffusione del coronavirus. «In verità il gioco d’azzardo non si è mai fermato – precisa Edio Costantini presidente della Fondazione antiusura “Mons. Francesco Triani” – Abbiamo assistito ad un forte incremento del gioco online durante il lockdown». Nel corso degli ultimi anni, infatti, si sono aumentate le richieste di servizi di ascolto portate avanti dalla Fondazione antiusura “Mons. Francesco Triani”: nel 2020 sono state 12 le famiglie che hanno chiesto consigli e aiuti, in particolare per quando riguarda il gioco d’azzardo. Inoltre, la Fondazione, che agisce in collaborazione con la Consulta nazionale antiusura insieme alle altre Fondazioni antiusura regionali, continua a chiedere al governo che si modifichino le norme di legge per contrastare in modo più efficace la proliferazione del gioco d’azzardo, soprattutto quello online che ha avuto un incremento nel corso di questi ultimi mesi.
«Un mercato che coinvolge – spiega Costantini – secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, una popolazione di circa 5,2 milioni di abitudinari al gioco d’azzardo, di cui circa 1,2 milioni sono considerati problematici, ovvero con dipendenza. Ma la preoccupazione denunciata dall’Osservatorio, riguarda anche i rischi connessi al contagio da Sars-Cov-2. Purtroppo, rimane ancora un fenomeno sommerso. Per inseguire la chimera della vincita, tanta gente perbene ha perso tutto: c’è un’ampia fascia di persone spinte a cercare fortuna nel gioco. Ma poi perdono il denaro, entrano in un giro di prestiti illegali, mettono in pericolo le loro famiglie». Spesso quando si chiede aiuto la situazione non è più gestibile come precisa il presidente della Fondazione: «Non si riesce più a pagare le bollette, si perde il lavoro o addirittura la casa, oltre a non poter più sostenere le spese di mantenimento dei figli o dei familiari. Quello che si mette in gioco in realtà è la vita stessa, le relazioni e gli affetti. Chi soffre di questa patologia di solito si rivolge al Sert quando tutto è già ampiamente compromesso, a livello sociale il fenomeno non viene percepito in tutta la sua gravità e diffusione epidemica. Non serve la repressione, ma è fondamentale la prevenzione. Gli Ambiti territoriali sociali del territorio hanno attivato punti di accesso per la prevenzione ma le azioni di intervento, spesso scollegate fra di loro, hanno riguardato anche incontri formativi ed informativi con le agenzie educative e sociali per i soggetti a rischio e le loro famiglie».
Fondamentale il ruolo delle istituzioni scolastiche. «Per un percorso di prevenzione seria – conclude Edio Costantini – occorre coinvolgere la scuola che può contribuire in modo significativo attraverso azioni dirette svolte al suo interno e poi, attuando forti connessioni tra la scuola e altre realtà del territorio. In questo senso emerge l’importanza del ruolo degli insegnanti come primo presidio di prevenzione nei luoghi di vita frequentati ogni giorno dai giovani. Affinché questo sia possibile, gli insegnanti devono essere formati rispetto al gioco d’azzardo patologico, a saper individuare i segnali di allarme nei comportamenti degli studenti, a fornire informazioni corrette e a progettare interventi di prevenzione efficaci nella scuola, anche in collaborazione con altri esperti». Per quanto riguarda le iniziative di contrasto all’azzardo portate avanti dalla Fondazione antiusura “Mons. Francesco Traini” a San Benedetto, sono state realizzate soprattutto attraverso lo sportello di ascolto presso la sede in via Case Nuove 39 oltre alla collaborazione alle attività svolte e programmate dalla rete dei servizi del Dipartimento Dipendenze Patologiche Area Vasta n.5, coordinate dal direttore dottor Claudio Cacaci.