Meno produzione e costi più alti per mantenere gli alti standard di qualità dei vini marchigiani. Sarà una vendemmia di Ferragosto quella che si preparano ad affrontare le aziende vitivinicole delle Marche alle prese con la siccità ma anche con la difficoltà di reperire manodopera. Giorni decisivi, questi, con lo sguardo rivolto verso il cielo sperando nella pioggia in un anno talmente secco come non si ricordava da decenni. Gli enologi hanno stimato che una primavera senza precipitazioni come quella dei mesi scorsi non si registrava da 60 anni. Al via dunque già dai primi giorni della prossima settimana con la raccolta dei grappoli nei vitigni precoci come pinot, chardonnay e sauvignon mentre per gli autoctoni Verdicchio, Bianchello, Pecorino e Passerina si parla dei primi di settembre. Si spera in qualche precipitazione significativa nella prossima decade – il momento finale della maturazione – e in temperature più miti. Con i caldi attuali, infatti, le aziende saranno costrette a vendemmiare la mattina presto o la sera tardi e ad adottare soluzioni di refrigerazione per non far perdere ai grappoli appena raccolti qualità, aromi e profumi. Il comparto vitivinicolo rappresenta un’eccellenza dell’agroalimentare regionale che vale oltre 60 milioni di euro.
Secondo un’elaborazione di Coldiretti Marche su dati Ismea il valore dei vini dop e igp è cresciuto di quasi il 5% negli ultimi 5 anni. Ad oggi oltre l’80% dei circa 17mila ettari regionali dedicati alla vite è destinato a produzioni certificate. Notevole è la presenza di vigneti biologici: oltre il 40% della superficie vitata, dato che mette le Marche al secondo posto nazionale per incidenza e quinta d’Italia per superficie totale. A tutte queste difficoltà si aggiunge anche quella legata al reperimento della manodopera legato alla situazione sanitaria mondiale. A livello nazionale la Coldiretti ha chiesto al Ministero degli Interni un intervento per prorogare i permessi di soggiorno ai lavoratori stagionali extracomunitari già presenti in Italia che altrimenti sarebbero costretti a tornare nei rispettivi Paesi lasciando le aziende alle prese con una vendemmia a ranghi ridotti. Una situazione che, pur meno diffusa nelle Marche rispetto ad altre regioni, con circa 5mila stranieri al lavoro in campagna a rappresentare quasi un terzo degli operai agricoli a tempo determinato, aggiunge ulteriori pensieri agli operatori del settore.
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