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San Benedetto, abusi in famiglia e una scarsa educazione tra le cause degli episodi di violenza tra i giovani

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una scarsa educazione e casi di abusi in famiglia incidono sul dilagare degli episodi di violenza tra i giovani. Come si è verificato negli ultimi tempi anche a San Benedetto dove una baby gang ha seminato il caos nelle notti della Riviera, mettendo a segno furti e pestaggi ai danni di ragazzini. A scattare una fotografia del fenomeno è Maria Aureli assistente sociale e counselor di San Benedetto del Tronto.

 

Dottoressa Aureli quali sono le cause che portano un giovane ad assumere comportamenti violenti verso i suoi coetanei?

«I fattori di rischio per i giovani, che manifestano comportamenti particolarmente gravi, possono essere la carenza educativa quindi mancata sorveglianza, abusi o violenze in famiglia; avere modelli fondati sulla violenza e l’appartenenza a un giro di amicizie incline alla violenza; l’assenza di strutture e organizzazioni che promuovano attività inerenti il tempo libero oltre ad un basso livello d’istruzione scolastica, quindi la tendenza precoce a marinare la scuola».

 

Quanto è importante il ruolo della famiglia per evitare che un giovane possa diventare violento?

«I fattori di protezione fanno da contrappeso a quelli di rischio. Tra i più importanti, ricordo la costante presenza di persone di riferimento affidabili come i genitori, l’ambiente favorevole e la positività del vissuto e delle caratteristiche individuali. Queste sono caratteristiche che comprendono i rapporti familiari e sociali; tutto ciò era tutto valido prima della pandemia».

 

Poi come ha inciso l’emergenza pandemica nel dilagare di determinati episodi?

«Le sofferenze psicologiche sui più giovani causate dal periodo che stiamo vivendo hanno come risultato manifestazioni diverse per genere. Le reazioni femminili sono di tipo depressivo o di autolesionismo mentre nei ragazzi il malessere psicologico si traduce in comportamenti aggressivi verso gli altri, al limite della legalità con trasgressione delle regole fino ad arrivare ad atti gravi che richiedono l’intervento del Tribunale dei minori».

 

Lei parla di nuove vulnerabilità, ci spieghi meglio.

«Esattamente. Attraverso il mio lavoro mi rendo conto che siamo di fronte a vulnerabilità che prima non c’era, per cui il Sistema sanitario nazionale ancora non è completamente preparato a far fronte a ciò, in modo particolare il servizio di neuropsichiatria. Per un lungo tempo i servizi hanno ridotto gli accessi volontari a causa del Covid-19 proprio nel momento in cui ce n’era più bisogno. In questo tempo vediamo i veri effetti di queste restrizioni e dell’isolamento forzato».