di Pietro Pompei

Un’estate in apnea quella appena trascorsa, vissuta con la spada di Damocle di una pandemia a fasi alterne. È stata sicuramente questa nevrotica incertezza a farci perdere la lucidità di una stagione portata avanti con l’improvvisazione di un susseguirsi di giornate come se fosse sempre l’ultima da godere. Non ricordo un’estate altrettanto caotica come quella appena trascorsa, tra la rincorsa ad un posto macchina da incubo e lo spremere delle ore notturne che si voleva non dovessero mai terminare. La notte l’ha fatta da padrone, tanto che se dovesse diventare un’abitudine, la classica abbronzatura dovrà cedere la moda al biancore della pelle nordica in sintonia con la luna. Dopo il coprifuoco invernale dovrà essere motivo di studio questa ricerca delle tenebre per tutte quelle manifestazioni festaiole portate avanti fino alle prime luci dell’alba. La città ha respirato un insolito silenzio al mattino e una ridotta attività fino a mezzogiorno quando stancamente ci si portava a continuare il sonno sotto gli ombrelloni. La notte limita il nostro spazio e ci fa perdere il senso del tempo. Il nostro esistere perde la profondità della consapevolezza, ci si ferma in superficie in tutte le cose di contro ad una sensazione di onnipotenza che deride le regole. Ci si sente protetti a dar sfogo a tutti quei condizionamenti che la luce del giorno comporta. E questo tanto più in chi fa naturalmente fatica all’autocontrollo come gli adolescenti e i giovani che della notte sono diventati abituali fruitori. Le lamentele di devastazioni notturne sono ancora cronaca recente a tener desti gli psicologi per porvi rimedio.

Che dire di questi adolescenti e giovani che ci sguje come le anguille? Quello che un tempo era un desiderio oggi è diventato uno stile di vita. “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c’è certezza”. Lorenzo de’ Medici a far tutt’uno con l’oraziano “carpe diem”. Ma se mancano gli argini questa forza impetuosa, buona se regolata, è soggetta a tracimare con tutte quelle conseguenze che ben conosciamo. L’interrogativo è d’obbligo: al di là di luoghi di divertimento e di manifestazioni ad essi connessi, che si è fatto, in questa nostra città che respira sul turismo, per sopperire alla consueta lamentazione dei giovani che si annoiano? Che bell’esempio ci giunge in questi giorni dalle Paralimpiadi con giovani minati nel corpo che sanno trovare nella sana competizione uno scopo alla vita. I risultati di cui ci gloriamo sono il frutto di un sacrificio continuo, condiviso spesso nell’ambito familiare e sulla base di una solidarietà e di un’amicizia veramente commoventi.

Un qualche esempio viene, anche se limitato a causa della pandemia, dagli adolescenti coinvolti a vario titolo nelle proposte educative “estive” delle parrocchie, cui aggiungere quelle delle associazioni e dei movimenti, delle tante realtà che caratterizzano la capillare presenza ecclesiale in Diocesi. E gli adolescenti e anche i ragazzi non sono soli Questo capillare movimento coinvolge molti adulti e giovani , proprio perché l’originalità delle proposte estive è proprio lo spessore educativo. Non si tratta di aiutare le famiglie a risolvere il problema del tempo lasciato libero dalla scuola creando parcheggi il meglio organizzati possibile. La scommessa che, anno per anno, si ripete è fare in modo che il tempo della vacanza, molto spesso della vacanza obbligata in città, diventi occasione per crescere, nel divertimento, nell’attività fisica e sportiva, nell’amicizia e nello spirito. Gli oratori estivi, i campi, le mille e mille iniziative, purtroppo limitate dal Covid 19, diventano così un po’ il paradigma di una società vivace, spesso molto più impegnata e attenta e capace di auto-organizzazione di quanto non la rappresentino le immagini più correnti. È un tessuto, fatto di rapporti consolidati di fiducia, di progetti, di gratuità, di volontariato, capace di percorrere e tenere viva tutta la Diocesi. Di tutto questo poco si parla, eppure sono esperienze che restano nella memoria e spesso aiutano nelle scelte della vita.

Sul piano sportivo e culturale qual è stato l’avvenimento, poco e limitato, che ha riguardato specificatamente i giovani? Siam sempre pronti a cedere alle loro richieste pur di toglierceli d’attorno, anche in famiglia, senza chiederci le ragioni delle loro esigenze. Va ancora in giro, in città, la favola bella della ristrutturazione del Ballarin, ma quali altri luoghi, al di fuori di quelli ufficiali, la nostra città dispone per uno sport minore e facilmente fruibili dai nostri ragazzi? È encomiabile la collaborazione che si sta portando avanti tra la Scuola e l’Amministrazione comunale, ma non basta fermarsi ai bambini e solo nel periodo dell’anno scolastico. Vanno coinvolti i giovani con incontri e dibattiti, anche di giorno, da portare avanti anche durante l’estate, dopo aver creato delle esigenze culturali che non possono essere soddisfatte ricorrendo alla pletora di scrittori disposti sempre a farsi conoscere.

Usciamo da quest’estate con un forte mal di testa! Ma non stiamo a preoccuparci, basta seguire i consigli di mamma TV che ha consultato stuoli di psicologi per dirci che si ha bisogno almeno di un paio di giorni di riposo prima di tornare al lavoro e di non tornare troppo spesso ai ricordi dei bei giorni trascorsi per non cadere in depressione come quelli che ci propina la pubblicità delle Crociere. Non trovo invece nessun consiglio per quelli che il riposo lo dovranno prolungare perché non ritrovano il lavoro e restano in attesa che la crisi passi.

Ora c’è cascata addosso la terribile tragedia dell’Afghanistan…

 

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