“Stolti” sono coloro che ”rischiano di perdere la fede in Cristo che hanno accolto con tanto entusiasmo” perché “non si rendono conto che il pericolo è quello di perdere il tesoro prezioso, la bellezza della novità di Cristo”. Lo ha spiegato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, svoltasi in Aula Paolo VI e dedicata ancora una volta alla Lettera di San Paolo ai Galati, che – ha precisato a braccio – “non è una cosa nuova, non è una cosa mia, è qualcosa che è successo a quel tempo e che può ripetersi”. Al termine dell’udienza, un appello ad operare insieme per la salvaguardia del creato, “in questi tempi di crisi planetaria”.
Nella seconda parte della Lettera, ha fatto notare Francesco, Paolo mette in guardia i Galati dal rischio di
“cadere nel formalismo – che è una tentazione che ci porta all’ipocrisia – e di rinnegare la nuova dignità che essi hanno ricevuto, la dignità di credenti in Cristo”.
“Se avete tempo, leggetela”, il consiglio a braccio. “I termini con cui l’apostolo si rivolge ai Galati non sono termini di cortesia”, ha sottolineato il Papa: “Nelle altre Lettere è facile trovare l’espressione ‘fratelli’ oppure ‘carissimi’, qui no, perché è arrabbiato. Dice in modo generico ‘Galati’ e per ben due volte li chiama ‘stolti’, che non è un termine di cortesia. Lo fa non perché non siano intelligenti, ma perché, quasi senza accorgersene,
rischiano di perdere la fede in Cristo che hanno accolto con tanto entusiasmo. Sono stolti perché non si rendono conto che il pericolo è quello di perdere il tesoro prezioso, la bellezza della novità di Cristo”.
“Mettere alle strette i cristiani perché si rendano conto della posta in gioco e non si lascino incantare dalla voce delle sirene che vogliono portarli a una religiosità basata unicamente sull’osservanza scrupolosa di precetti”. È questo l’intento della Lettera ai Galati, esortati a non “lasciarsi distogliere da altri annunci”.
“L’effimero bussa spesso alla porta delle nostre giornate, ma è una triste illusione, che ci fa cadere nella superficialità e impedisce di discernere su cosa valga veramente la pena vivere”,
il monito. “La santità viene dallo Spirito Santo ed è la gratuità della redenzione di Gesù: questo ci giustifica”, l’aggiunta a braccio. Attraverso la Lettera ai Galati, per Francesco, “San Paolo invita anche noi a riflettere su come viviamo la fede”: “L’amore di Cristo crocifisso e risorto rimane al centro della nostra vita quotidiana come fonte di salvezza, oppure ci accontentiamo di qualche formalità religiosa per metterci la coscienza a posto? Come viviamo la fede noi? Siamo attaccati al tesoro prezioso, alla bellezza della novità di Cristo, oppure gli preferiamo qualcosa che al momento ci attira ma poi ci lascia il vuoto dentro?”.
“State attenti davanti alle rigidità che ci propongono, perché dietro la rigidità c’è qualcosa di brutto, non c’è lo spirito di Dio”.
Il Papa ha concluso la catechesi dell’udienza di oggi facendo notare, di nuovo fuori testo, che “sempre nella storia, anche oggi, succedono cose che assomigliano a quello che è successo ai Galati”, e cioè di trovarsi davanti ad “una religiosità rigida, che ci toglie quella libertà dello Spirito che ci dà la redenzione di Cristo”. “La Lettera ai Galati ci aiuterà a non ascoltare queste proposte un pò fondamentaliste che ci portano indietro nella nostra vocazione spirituale”, ha assicurato Francesco: “È quanto l’apostolo ribadisce ai Galati ricordando che il Padre ‘dona con abbondanza lo Spirito e opera miracoli in mezzo a voi’. Parla al presente – ‘dona’, ‘opera’ – non al passato. Perché, nonostante tutte le difficoltà che noi possiamo porre alla sua azione, Dio non ci abbandona ma rimane con noi col suo amore misericordioso”. “Dio sempre è vicino a noi con la sua bontà”, ha concluso il Papa ancora a braccio: “È come quel padre che tutti i giorni saliva sul terrazzo per veder se tornava il figlio. L’amore del Padre non si stacca da noi”. “Domandiamo la saggezza di accorgerci sempre di questa realtà”, l’invito finale, insieme a quello di non seguire “una vita di ascesi artificiale. L’ascesi è necessaria, ma l’ascesi saggia, non artificiale”.