Ancora oggi sul far dell’ autunno vengono “assoldati” ragazzi e ragazzini per andare a “vendemmiare”..da qualche anno ciò si è esteso pure alle ragazze, che armate di magliettacce e scarpe da ginnastica, più per divertimento e per stare in compagnia, che per soldi, in quella stagione della vita piena di entusiasmo che prelude all’età adulta, allegramente partecipano alla grande festa della vendemmia.
Bere il caffè spesso ci evoca antichi ricordi, quando adolescenti anche noi di “paese”, quindi cittadini, andavamo a fare le vendemmie in campagna. Certo stare in mezzo alle api e vespe, con lo smalto sulle unghie che si scheggiava, il caldo, il sudore non era piacevole tuttavia bastava una vespa che inseguiva per gridare e scherzare, farsi vedere e notare dai ragazzi ..era tutta un’allegria. Nel bel mezzo della giornata c’era anche il pranzo, a volte sbrigativo con i panini per i “lavoranti stagionali”, nei casi migliori sull’aia c’era il tavolo con affettati, vino cotto, pane e di tutto, chi voleva anche le lasagne, ma doveva essere veloce per ritornare subito tra i filari bassi, con le foglie che iniziavano ad imbiondire, alla ricerca dell’uva che sembrava ricoperta di brina che, una volta toccata perdeva la sua satinatura e diventava un grappolo di perle lucenti. Bisognava riempire le cassette ed era quasi un vanto: più cassette si riempivano più si era bravi. Con orgoglio i ragazzetti facevano vedere che erano forti e che sapevano cogliere l’uva più alta: le forbici erano la necessaria arma di questo colorato e chiassoso esercito. Ecco che una voce si spargeva: “Arriva, arriva il padrone!” allora tutti si azzittivano e mostravano il meglio della loro efficienza. “Frichi, non zurlate, fatijate, sennò..” In dialetto : “Ragazzini non perdete tempo, lavorate, altrimenti…” e la frase non era finita lasciando immaginare chissà quali punizioni che non arrivavano mai, perché anzi, il padrone spesso veniva a controllare che tutto andasse bene o a dire ai ragazzi di andare ogni tanto a bere acqua fresca o limonata, che sennò sotto il sole, anche con i cappelli, poteva girare la testa. Certamente in un tempo che fu, non certo delle vendemmie di oggi…deve essere stato particolare vedere i ragazzi col camiciotto fino alle ginocchia pestare allegramente l’uva per schiacciarne gli acini e raccogliere il mosto. Mosto che le popolane della casa correvano a “serbare” in qualche bottiglione : sarebbe servito per fare le ciambelle, le famose “ciambelle col mosto” e poi anche il frustingo, tipico dolce marchigiano…andava usato in fretta questo delizioso nettare, perché fermentava subito, complice il caldo. Oggi è prezioso e difficilissimo da reperire! Come sono cambiati i tempi! Non solo l’uva veniva raccolta: anche i rametti mezzi secchi delle viti venivano tagliuzzati e riposti nelle cassettine : sarebbero servito al contadini nelle serate fredde per accendere il fuoco, infatti avevano la proprietà di prendere subito fuoco e di essere la “diavolina” di altri tempi. ( La diavolina è un prodotto industriale moderno formata da cubetti di polistirolo imbevuti di liquidi infiammabili, oggi usata per accendere il camino, nda). A metà pomeriggio c’era pure la merenda, con ciambelle e biscotti, marmellata e ciambelline..corredata da bibite rinfrescanti, poi via! Di nuovo tra i filari.. Si finiva verso l’ora di cena, quando il sole rosso e giallo spariva dietro le colline..stanchi, sudatissimi, con le mani doloranti per l’uso continuo delle forbici e annerite inesorabilmente.. appiccicatissimi..a quel punto chi voleva poteva rimanere a cena sull’aia, all’aperto..dove le vergare ( donne di casa) cuocevano pizze nel forno refrattario , verdure arrostite, insomma c’era di tutto. Di solito però per i ragazzini era già tardi e bisognava ritornare a casa…allora arrivava il pagamento che era tutt’altro che inconsistente, con somma soddisfazione di chi lo riceveva. Una o più auto sui sentieri sterrati traballanti riportava ciascuno nelle proprie case, dove l’immediata doccia era d’obbligo, poi poca cena per la stanchezza immensa, subito il letto che non si desiderava altro…L’indolenzimento della “vendemmiata” durava per più giorni..anche perché di solito non si concludeva in una sola giornata, ma in 3-4 giorni… Sono ricordi ..durante una pausa caffè, che per l’occasione abbiamo preparato con la “cuccuma” ( “caffettiera” in dialetto) e non con la macchina espresso, proprio per rivivere di più la spontaneità del ricordo..
Chi volesse scrivere all’autrice, può utilizzare il numero di redazione 371 1715065 su whatsapp. Grazie e al prossimo lunedì con un altro ricordo di..Pausa caffè !