La Chiesa domenica prossima celebra la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il tema scelto da Papa Francesco è “Verso un ‘Noi’ sempre più grande”. In tutte le diocesi italiane, su iniziativa degli uffici Migrantes, sono previste celebrazioni eucaristiche presiedute dai vescovi e momenti di riflessione e testimonianze. Le celebrazioni ufficiali si svolgeranno quest’anno nelle Marche su iniziativa della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes. Per la celebrazione eucaristica nazionale è stata scelta la Basilica Pontificia di Loreto. La celebrazione, in diretta su Rai Uno, sarà presieduta da mons. Pietro Coccia, presidente della Conferenza episcopale delle Marche. Ma tutta la regione Marche è stata interessata alla preparazione per questo importante appuntamento.
A Loreto, sabato 25 settembre, giornata che precede la Gmmr, alle ore 17 un incontro con mons. Franco Giulio Brambilla sul tema “La Santa Casa, la casa del Noi”. La Fondazione Migrantes ha realizzato, come negli scorsi, materiale informativo – reperibile anche su www.migrantes.it – con alcuni sussidi per la preparazione alla giornata e per la celebrazione eucaristica con alcuni commenti al messaggio del Papa che invita a “camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso”.
“È un appello a pensarci sempre più come famiglia umana, vedendo in ciascuno – soprattutto negli ultimi e nei bisognosi – un fratello”, sottolinea in una intervista al mensile della Fondazione Migrantes, “Migranti-Press” il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei: “La pandemia ci ha ricordato, in modo inequivocabile, che nessuno si salva da solo e che, come dice il Papa, siamo tutti sulla stessa barca”. Per il porporato “dobbiamo fare tesoro di quello che questa terribile prova che stiamo ancora vivendo ci ha insegnato, impegnandoci a ogni livello per combattere il virus dell’individualismo, che genera processi di disgregazione e ci rende incapaci di disegnare un futuro degno per tutti”.
Come accogliere nella Chiesa per non escludere nessuno?: “Innanzitutto – sottolinea il card. Bassetti – mettendo al centro la persona umana, che è creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio, a prescindere dalla sua condizione sociale, dalla provenienza e dal colore della pelle. In secondo luogo, sconfiggendo la paura che paralizza, fa perdere la speranza, porta a stare sulla difensiva: avere paura significa chiudersi, alzare muri, togliere terreno a quel ‘noi sempre più grande’ di cui parla il Papa. Infine, bisogna ricordare che l’inclusione non è solo una questione sociale, progettuale, educativa ma è un fatto che affonda le sue radici nella mistica e nell’umanesimo cristiano. Nessuno può dirsi cristiano se esclude il proprio fratello”. Dobbiamo “imparare a riconoscere in chi arriva sulle nostre coste, a volte dopo essere stato strappato alla morte in mare, il volto di Cristo. Bisogna scrollarsi di dosso il pregiudizio che porta a etichettare il migrante come un problema o, peggio ancora, un nemico che viene a toglierci qualcosa, un usurpatore, un’insidia. Chi scappa dalla guerra, dalla fame, dalla violenza è un fratello e sulla nostra capacità di amarlo, accoglierlo, proteggerlo saremo giudicati”.
Il “noi” è a “fondamento non solo della fede, ma anche della speranza e della carità: caratterizza l’abito cristiano, la nostra responsabilità e i nostri progetti”, evidenzia il neo presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego: il ‘noi’ ecclesiale – ci ricorda Papa Francesco – “non è impoverito, ma arricchito dalla ricchezza della diversità che i mondi migranti ci fanno incontrare, e riceve una nota nuova, quella della cattolicità, dell’universalità. Il Papa sembra ricordarci che il rifiuto, i muri, l’abbandono, i respingimenti, il disprezzo, le violenze non solo impoveriscono il ‘noi’ del mondo, ma impoveriscono anche il ‘noi’ della fede, che per sua natura è cattolica”.
Il Papa lancia un appello “ai fedeli cattolici”, sottolinea il direttore Migrantes, don Giovanni De Robertis: “a vivere quello che il loro nome esprime. Essere cattolici significa saper riconoscere e accogliere il bene ovunque esso sia, e rallegrarci di esso”. E proprio nell’incontro con la diversità dei migranti, nel dialogo interculturale e interreligioso “ci è data l’opportunità di crescere in questa dimensione. Dobbiamo dunque rendere più cattoliche le nostre parrocchie, le comunità in cui ognuno di noi vive”. E domenica in Piazza San Pietro circa un migliaio i migranti presenti insieme ai cappellani delle 47 comunità e 150 centri pastorali. L’invito arriva dall’Ufficio Migrantes della diocesi di Roma guidato da mons. Pierpaolo Felicolo e dal Centro Astalli, presieduto da p. Camillo Ripamonti. “Sarà una giornata di festa e ci stiamo mobilitando per stringerci intorno al Papa che non perde occasione per dimostrare vicinanza e sostegno verso tutta la realtà del mondo migrante”, dice mons. Felicolo.
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