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Caritas Diocesana: “La novità per la comunità cristiana è il vangelo!”

«Ora, nel grande sforzo di ricominciare,
quanto è dannoso il pessimismo,
il vedere tutto nero, il ripetere che nulla tornerà più come prima! […]
Perché peggio di questa crisi,
c’è solo il dramma di sprecarla,
chiudendoci in noi stessi»
(Papa Francesco, Omelia Messa di Pentecoste, 31 maggio 2020)

La stagione estiva che ci lasciamo alle spalle ha conosciuto un bel momento di festa per la vittoria dei campionati europei della nostra nazionale di calcio. Dopo tanta paura e tanto dolore, dovuti alla pandemia, che sembra non finire mai, finalmente un po’ di gioia che ha coinvolto tutti, anche se non sempre in modo responsabile! Giorgio Chiellini, capitano della nazionale, ha detto: “Non abbiamo vinto l’Europeo per un rigore in più, ma per l’amicizia che ci ha legato in questa avventura: abbiamo tifato Matteo Berrettini, ci siamo sacrificati e aiutati“.

All’inizio di un nuovo anno pastorale, in ascolto dello Spirito come pure del mondo, anche noi possiamo ripartire col desiderio di fare squadra, di vivere legami amicali e fraterni forti, di fare tifo per chi fa altro, di attenzione a chi cade e si fa male. Senza unità e fatica nulla si costruisce!

Camminare insieme! Questo è l’invito di papa Francesco che ha chiesto a tutto il popolo di Dio di coinvolgersi in un processo sinodale, l’appello del nostro vescovo Carlo nella nuova lettera pastorale, la sollecitazione di tanti esperti che continuano a ripeterci come proprio la pandemia ci ha fatto riscoprire che siamo tutti “sulla stessa barca”.

Cammineremo insieme se, mettendo da parte invidie, gelosie, pregiudizi, sospetti, sapremo vivere la tappa della riconciliazione e del perdono. Scrive Luigino Bruni: “le comunità di oggi vivranno se abbasseranno le barriere fino ad azzerarle, trasformando le mura in ponti, perché sarà su quei ponti dove le nuove vocazioni potranno entrare”.

Potremmo imparare dall’antica arte giapponese del kintsugi. La leggenda narra che Ashikaga Yoshimasa ruppe la sua tazza preferita e, volendola riparare, la affidò ad alcuni artigiani. Questi rimasero sorpresi dell’attaccamento verso quell’oggetto e decisero così di provare a trasformarlo in un gioiello riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro. Possiamo trattare anche le relazioni: quando si rompono, l’altro non va ‘buttato’ via, con rabbia e dispiacere, ma vanno cicatrizzate le ferite attraverso la preziosa esperienza del perdono.

Quando si cammina inoltre è importante essere aperti alla novità. Non è una cosa facile in quanto tendenzialmente preferiamo rimanere nella ‘comfort-zone’, cioè nelle abitudini consolidate. Come la famiglia di Giacobbe, ferita dell’odio e dalla gelosia, per non soccombere a motivo della carestia, un giorno dovette emigrare verso una terra straniera per cercare il pane, così anche noi, messi alla prova dalla pandemia, siamo chiamati ad incamminarci su strade nuove, per dare risposte ad una crisi che si è fatta grave, non solo a livello economico, ma anche esistenziale.

Ora la novità per la comunità cristiana è il vangelo! Da qui la necessità di attaccare l’orecchio alla Parola di Dio, magari riscoprendo la lectio divina, individuale o comunitaria. Sarebbe interessante soffermarci sulla storia di Giuseppe e i suoi fratelli (Genesi 47-50) in modo da far nostro quel lungo processo interiore, di purificazione e di conversione, che ha portato i figli di Giacobbe a ritrovare la fraternità perduta.

Oltre l’attenzione alla Parola di Dio non può mancare la prossimità ai fratelli e alle sorelle che fanno fatica a tenere il passo. Troppe sono le persone lasciate indietro, abbandonate sul ciglio della strada, respinte da gruppi e comunità a volte troppo chiuse. Quanti muri si stanno innalzando per fermare gente desiderosa di percorre sentieri di speranza!?

Nella lettera pastorale il Vescovo Carlo scrive; “La Chiesa non è altro che un camminare insieme condividendo l’unica fede-carità”. Dall’ascolto della Parola di Dio viene la fede che porta a vivere da “fratelli tutti”, anche di chi il mondo continuamente scarta. Proviamo allora ad essere più inclusivi, più accoglienti, più solidali, sapendo che in ogni volto sofferente possiamo scorgere il Crocifisso, il Dio che ci ha amato fino alla fine, dando la vita, e che possiamo amare proprio nella carne lacerata di tanti fratelli e sorelle.

Quando si decide di partire tanti sono gli itinerari che si possono intraprendere. Si può scegliere l’autostrada che porta al mare o un viottolo che sale in montagna. Papa Francesco all’incontro per il 50esimo di fondazione di Caritas italiana ha indicato tre vie da percorrere insieme: “La prima è la via degli ultimi. È da loro che si parte, dai più fragili e indifesi. Da loro. Se non si parte da loro, non si capisce nulla…  la via del Vangelo…È lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo… E la terza via è la via della creatività … per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50)” (50° anniversario di fondazione di Caritas italiana 26 giugno 2021).

I dati sulla pandemia, grazie alla vaccinazione, sembrano rassicurarci. Anche se non sappiamo cosa il futuro ci riserverà, non possiamo stare a guardarci l’un l’altro (cfr Gen. 42,1), incamminiamoci dunque insieme sulle strade che ci sono state indicate con lo stile della simpatia e della gratuità. Scrive Andrea Riccardi: “Le nostre società, le città sono spesso scariche di empatia. La gratuità, terreno su cui cresce la simpatia per gli altri, è il terreno della Chiesa in un mondo un po’ invecchiato, dove tutto è già stato vissuto e dove si crede che la novità possa essere solo individuale. Non è questa la via della Chiesa: la sua novità è comunitaria, sociale, di popolo” (La chiesa brucia, Tempi nuovi).

 

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