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Carlo Acutis. Mons. Sorrentino: “Con la sua giovinezza ‘normale’ è il simbolo della santità ‘possibile’”

Gigliola Alfaro

È già passato un anno dal 10 ottobre 2020, quando Assisi si riempì di tremila pellegrini per un grande evento atteso da devoti sparsi in molte parti del mondo: la beatificazione di Carlo Acutis. E martedì 12 ottobre ricorre la memoria liturgica del giovanissimo beato, esperto in informatica, che morì nel 2006 a causa di una leucemia fulminante dopo aver offerto le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa. Nato nel 1991 a Londra, Carlo Acutis fu molto legato alla devozione alla Vergine e all’Eucaristia, realizzando anche progetti informatici sui temi della fede, come un sito sui “Miracoli eucaristici”. In occasione della memoria liturgica sono tante le iniziative e le celebrazioni che promuove la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, a partire da sabato 9 ottobre nella chiesa di Santa Maria Maggiore-santuario della Spogliazione ad Assisi, dove si trova la tomba del giovane dal 6 aprile 2019. Tutti gli appuntamenti saranno trasmessi in diretta su Maria Vision (canale 602 Umbria), sulla pagina Facebook “Diocesi Assisi-Nocera-Gualdo” e sul sito della diocesi. Con il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, parliamo del quindicenne beato, ormai amato e conosciuto in tutto il mondo.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il 10 ottobre è il primo anniversario della beatificazione di Carlo Acutis. In quest’anno è cresciuta la devozione al giovane beato?

Direi proprio di sì. Oltre alle migliaia di pellegrini che raggiungono Assisi dall’Italia e dall’Europa, ci sono riscontri da continenti ancora impediti dal Covid. Da tante diocesi ci vengono richieste reliquie. Soprattutto gli ambienti della pastorale giovanile sono molto interessati alla testimonianza di Carlo. Il fatto che la sua tomba, collocata nel santuario della Spogliazione, leghi la sua figura a quella di Francesco di Assisi rende l’interesse ancor più vivo:

Francesco, con la sua radicalità, e Carlo, con la sua semplicità, fanno “in tandem” un grande lavoro.

L’anno scorso in occasione della beatificazione aveva deciso di aprire la tomba per la venerazione del corpo, poi a causa del Covid ha dovuto farla richiudere. Prevede di riaprirla? E quando?

Sì, vorrei riaprirla. Avevo già deciso una data. Ma le incerte previsioni sulla pandemia e il fondato timore che l’apertura potesse far incrementare le visite in questi mesi che ad Assisi registrano grande affluenza mi hanno suggerito di fare marcia indietro.Renderò visibile il corpo non appena le condizioni pandemiche non daranno controindicazioni.A quel punto conto di farlo definitivamente. In questo modo non sarà necessario affrettarsi causando assembramenti difficilmente gestibili.

(Foto: diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo tadino)

Quali sono stati i frutti quest’anno dell’eredità spirituale del beato per la Chiesa di Assisi?

La nostra Chiesa è naturalmente privilegiata. Vedo il grande interesse dei parroci e dei giovani. Nella catechesi che si fa ai ragazzi, far riferimento a Carlo è diventato quasi d’obbligo. Aiuta molto. Per la città di Assisi, aver visto l’affluenza di nuovi pellegrini, è stato uno shock benefico.Abituati come siamo soprattutto all’attrazione di Francesco e Chiara, quella di Carlo ha rappresentato per noi ad Assisi una “novità” anche nel paesaggio devozionale. Mi auguro che sia una ulteriore occasione di grazia per tutti.

La devozione verso Carlo ha superato i confini di Assisi e anche quelli italiani. È amato e conosciuto in tutto il mondo. Secondo lei, perché?

C’è qualcosa di misterioso, che si spiega solo con i disegni di Dio. Anche nel mondo dei santi, che ha tante espressioni e sfumature, ci sono figure emergenti e il motivo è difficile da trovare sul piano semplicemente umano. È poi da considerare il fatto che Carlo, con la sua giovinezza “normale”, ma al tempo stesso tutta incardinata su Gesù, ha un’incredibile capacità di spiegare il Vangelo in termini essenziali.

È il simbolo della santità “possibile”.

Non dovrebbe essere sorprendente, ma per tanti lo è. Infine, occorre dire che, sulla figura di Carlo, c’è stato un notevole impegno mediatico. Fatto lodevole, nella società dell’informazione. Carlo lo meritava anche per il suo talento e apostolato informatico.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ha avuto notizie di conversioni, riavvicinamento alla fede, guarigioni miracolose dopo la beatificazione?

Sì, le grazie di ordine spirituale sono tante, stando ai racconti. In molti casi si tratta anche di grazie che attengono al fisico.Aspettiamo che venga il “miracolo” decisivo per la canonizzazione. Ci sono alcuni casi al vaglio degli esperti. Speriamo che la notizia attesa venga al più presto.

Cosa può dire oggi alla Chiesa, che si appresta ad avviare il cammino sinodale, un giovane beato come Carlo?

Certamente dice che la Chiesa si aspetta tanto dai giovani. Spesso questi vengono considerati solo un problema della pastorale. Ma possono essere anche una grande risorsa:

giovani che evangelizzano i giovani. Carlo ne è l’esempio.

Il Papa lo citò ampiamente nell’esortazione “Christus vivit” rivolta appunto ai giovani.

Redazione: