“La sfida è fare non un’altra Chiesa, ma una chiesa diversa”. Una chiesa fatta di “vicinanza, compassione e tenerezza”. Con queste parole Papa Francesco ha voluto segnare, ieri in Vaticano, l’inizio del Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.
“Il Sinodo non è un’indagine sulle opinioni, non è un parlamento. Il protagonista è lo Spirito Santo, senza quello non c’è Sinodo” ha aggiunto il Pontefice nella sua riflessione. “Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire”. Il Sinodo vivrà, oggi 10 ottobre, la sua apertura ufficiale con la messa celebrata dal Papa nella basilica vaticana. Nelle diocesi sarà aperto il 17 ottobre o nei giorni seguenti, per concludersi a Roma nell’ottobre 2023 dopo essere passato attraverso la fase diocesana, nazionale e continentale. Lo scopo del Sinodo, si legge nel documento preparatorio, “non è produrre documenti, ma far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”.
Ne sono ben coscienti gli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) che il 5 e 6 ottobre scorso si sono riuniti a Nazareth per la loro assemblea plenaria annuale durante la quale hanno parlato anche del Sinodo e assunto alcune decisioni a riguardo. La prima è stata la nomina del gesuita David Neuhaus che avrà il compito di coinvolgere tutti, pastori, sacerdoti, consacrati e consacrate, movimenti e aggregazioni laicali, giovani ed anziani, famiglie, e di essere il punto di riferimento per le persone che saranno scelte per svolgere il compito di ‘facilitatori’ nei vari paesi (Palestina, Israele, Giordania, Cipro) e circoscrizioni ecclesiastiche. P. Neuhaus sarà anche il portavoce ufficiale dell’Assemblea. Previsto anche un sito dedicato al cammino sinodale in Terra Santa. L’apertura del Sinodo è stata fissata per il 30 ottobre a Deir Rafat, presso il santuario della Madonna Regina di Palestina per la regione Israele-Palestina, distante circa 30 chilometri da Gerusalemme, mentre gli Ordinari in Giordania e Cipro si accorderanno sul giorno e l’ora più conveniente.
Camminare insieme. “Gli Ordinari hanno ribadito la volontà di camminare e lavorare insieme – spiega al Sir il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, -. A Nazareth abbiamo deciso anche una metodologia: non lavoreremo divisi per riti, latini, melkiti, maroniti e via dicendo, ma come Assemblea di Terra Santa, quindi insieme. In questi mesi di lavoro relativi alla fase sinodale diocesana cominceremo a parlare e a confrontarci”. “A guidare la Chiesa di Terra Santa in questo Sinodo – aggiunge il patriarca – sarà
l’immagine dei discepoli di Emmaus,
che uscendo da Gerusalemme, lungo la strada incontrano Gesù Risorto, senza riconoscerlo subito. Solo dopo aver ascoltato le sue parole e aver ‘spezzato’ il pane con Lui, i due discepoli lo riconoscono”. “Anche noi cercheremo, come i discepoli di Emmaus, di ascoltare. Ascoltare, alla luce delle Scritture, la nostra gente nelle parrocchie, nei gruppi e nelle aggregazioni, ascoltare istituti e congregazioni religiose, e poi fare ritorno a Gerusalemme”.
“L’ascolto non deve essere solo un lamento”.
“Per questo faremo in modo che ci si possa incontrare e dialogare tutti insieme, famiglie, giovani, anziani, religiosi e così via. Porteremo le nostre parrocchie nei Luoghi Santi, nei conventi, nei monasteri e nei santuari di cui la Terra Santa è ricca. Ma non solo: andremo negli ospedali, nelle case per anziani nei luoghi di aggregazione e di incontro, così da metterci in cammino anche fisicamente”. “Non abbiamo la presunzione di muovere masse di fedeli – dice il patriarca -. Ma importante è cominciare con chi c’è e man mano allargarsi e crescere cercando anche di avvicinare quelle realtà sociali, artistiche e culturali del territorio che sono lontane dalla Chiesa e dal nostro contesto”.
“Il Sinodo – sottolinea – è una occasione privilegiata per riprendere a guardarci dentro e intorno. Lo scopo del Sinodo non è tanto produrre documenti ma cominciare a parlarsi. Credo che le nostre comunità abbiano bisogno di essere ascoltate e coinvolte. Diversamente il rischio è di fare discorsi a tavolino”.
Una Chiesa che vive in una terra lacerata. “Siamo consapevoli – afferma Pizzaballa – che siamo una Chiesa che vive e opera in un territorio ferito e lacerato. Quello che si legge nel documento preparatorio del Sinodo – ‘accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale’ – è la nostra fatica quotidiana che dobbiamo sostenere. Percorsi e obiettivi che sono fonte anche di non pochi fallimenti. Ma ribadisco: non vogliamo essere semplicemente i due discepoli di Emmaus frustrati. Vogliamo diventare quelli che riconosciuto il Risorto corrono a Gerusalemme per dire che hanno incontrato Gesù”.