SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “La festa del nostro amato patrono, che come sempre celebriamo con solennità con la partecipazione di tutte le autorità civili e militari della città -che saluto cordialmente-, è un momento di grande richiamo alle dimensioni spirituali su cui si fonda la vita di una comunità”.
Con queste parole il Vescovo Carlo Bresciani ha aperto la propria omelia in occasione dei festeggiamenti in onore di San Benedetto Martire, presso la Chiesa di San Benedetto Martire.
A breve pubblicheremo tutte le foto, video e la cronaca della giornata.
Vescovo Bresciani: “Sono le dimensioni oggi più trascurate, poiché siamo martellati da sollecitazioni a tenere la fede rigorosamente solo nella dimensione privata della vita, senza alcun rilievo civile.
Per certi aspetti è vero, poiché, essendo una dimensione spirituale personale, non può venire imposta a nessuno. Ma, per altri aspetti, è un grande inganno in quanto a fondamento della società non ci possono stare solo gli interessi individuali, i diritti individuali, il consenso o gli aspetti economico-materiali. Questi non bastano a fondare una solida e coesa società. E ciò per un motivo molto semplice: la società si fonda sulle relazioni di solidarietà, non sui beni materiali o sui diritti individuali.
Ovviamente non si tratta di negare i diritti individuali, ma la società deve comporre questi con quella indispensabile solidarietà che fa degli individui una società. La solidarietà non si fonda sulla rivendicazione individuale dei propri diritti, ma sulla attenzione anche ai diritti dell’altro. Inoltre, non tutto ciò che viene rivendicato come diritto individuale è necessariamente tale ed è compatibile con l’essere parte di una comunità. Infatti, qualsiasi relazione -affettiva, sociale o anche economica-, richiede di non pensare solo a sé, ma al bene anche dell’altra persona, e quindi anche al bene della comunità cui si appartiene. Implica, quindi, necessariamente una dimensione trascendente l’individuo che è sempre più ampia e più esigente quanto più si dilatano le relazioni fino a comprendere la relazione con la propria città e con il proprio Paese.
Se nella persona viene meno questa dimensione trascendente, cioè la capacità di non pensare solo a sé e ai propri interessi, la società si frantuma in gruppi o individui incapaci di relazioni solidali, in gruppi o individui rivendicanti sempre più aggressivamente i propri veri o presunti diritti, ma sempre più incapaci di collaborare a creare le condizioni perché essi possano essere soddisfatti, anche quando fossero diritti leciti e non solo desideri infondati.
È per questo che indebolire la dimensione spirituale della vita indebolisce la società, per il semplice fatto che, così facendo, si rende sempre più fragile la motivazione che regge ogni relazione, soprattutto quando questa relazione richiede dedizione e talora rinunce a certi deliri di libertà individuale. Se la motivazione di essere insieme nella città è solo il proprio interesse, quando questo per qualche motivo viene meno, la società si frantuma, non importa quanto sia ricca o povera economicamente.
Tutto questo ha a che fare con il santo patrono che noi stiamo celebrando e con quanto lui ci insegna per la nostra vita nella società, proprio perché lui non si è chiuso sul proprio immediato interesse individuale -salvare la propria vita- e non ha ceduto alla prepotenza smisurata dell’imperatore di turno, che pretendendo di fare di se stesso un dio e di essere venerato come tale, strumentalizzava la religione a scopi di potere.
Quali altri motivi, oltre all’interesse e alle preoccupazioni economico-materiali, ci tengono insieme nella città? Ci sono le leggi certamente; anche se giuste e possono, quindi, esserci imposte, mai, da sole, saranno in grado di motivarci a quel bene che esse difendono; motivarci cioè interiormente a una relazione di dedizione costruttiva anche del bene altrui e del bene della città, meno che meno quando ciò richiedesse sacrificio di se stessi e dei propri interessi immediati.
Anche il miglior Stato non può tutto, perché lo Stato non raggiungerà mai ciò che motiva il cuore dell’uomo al bene per il solo fatto che è bene. Con la sola imposizione della legge, la persona non si sentirà mai libera, perché solo l’adesione convinta al bene, perché bene, la renderà libera anche quando il bene costasse. Ed è anche per questo che talora si tenta di strumentalizzare la religione per scopi che non le appartengono, vale a dire per accreditare il proprio potere nella coscienza dei fedeli.
Oggi noi siamo di fronte a quella libertà che il martire san Benedetto, come ogni martire, proclama con il sacrificio stesso della sua vita. Una libertà che non rifiuta la società per interessi individuali, non frantuma e non distrugge le relazioni per interessi particolari, ma indica con il suo martirio il fondamento stesso della società, Dio fonte di ogni bene, rifiutando ogni strumentalizzazione della religione. La società non si fonda sulle persone rivestite di autorità, per quanto necessarie, competenti e legittimate attraverso un consenso democratico, ma sul bene e, in modo particolare, sul bene comune da costruire in solidarietà. Ma è necessario che le persone siano motivate interiormente al bene comune. A ciò non basta l’imposizione della legge, anche se giusta, non basta la sua invocazione e neppure la moltiplicazione delle leggi.
È necessaria una spiritualità di libera dedizione e sacrificio, di libera rinuncia ai propri interessi immediati rivendicati troppo spesso come diritti. Questa è la spiritualità cristiana che ha animato il martire san Benedetto, come ogni altro martire e santo cristiano. È la spiritualità di chi, nella fede, imita Gesù Cristo che dona se stesso per gli altri fino al martirio della croce. È la spiritualità a cui ci esorta il nostro santo patrono. Senza questa spiritualità ogni società è povera e fragile.
Qui sta la spiritualità cristiana, quella spiritualità che ha animato non solo i martiri, ma anche i politici cristiani che si sono dedicati alla costruzione di questa nostra Italia e di questa nostra Europa, superando le profondissime ferite che la guerra aveva provocato contrapponendo interi popoli, non per ricerca del bene di tutti, ma per il predominio e la conquista di una illusoria grandezza.
Il nostro santo patrono ci ricorda che solo Dio è il fondamento del bene, nessuno può sostituirsi a lui. Gesù è l’incarnazione di Dio venuto a mostrarci che il bene che libera l’uomo e costruisce la società è solo l’amore che cambia il cuore e lo libera non dal bene, ma dall’egocentrismo (il vero male di ogni società) per una piena dedizione al bene di tutti.
Alla luce di tutto ciò, credo che la domanda che oggi il martire nostro santo patrono ci lascia sia non tanto “che cosa vuoi dalla tua città?”, ma “cosa sei disposto a dare per il bene della tua città?”, non per una parte di essa, ma per la tua città nel suo insieme.
Che il nostro santo patrono interceda per tutti noi le grazie di cui tutti abbiamo bisogno per vivere da veri cittadini, creativi costruttori di una società più giusta e nella pace e chieda per noi la liberazione dalla pandemia che ci affligge”.