RUBRICA Pausa Caffé – Dopo lo stop del covid, mentre beviamo il consueto caffè pensiamo che quest’anno si rinnova la tradizionale “Fiera di San Martino”, il 10 e l’11 novembre. Con il pc mettiamo “cerca” e tra i nostri documenti dimenticati, ritroviamo questo articolo del 2009. “Per i grottammaresi  è una occasione e motivo di incontro, festa, saluti e raduni conviviali fra parenti ed amici, un momento in cui si fanno le scorte per l’inverno, in cui si vedono e comprano varie cose, ma soprattutto in cui ci si ritrova in un legame invisibile che unisce il passato, con il presente, riportando alla memoria il volto di tanti cari che ci hanno preceduto nei ricordi dell’infanzia e della giovinezza”..

Con le mascherine quest’anno non sarà una fiera tradizionale, speriamo si possano scongiurare i contagi ma soprattutto speriamo al più presto di uscire fuori da questo orrore della pandemia da covid-19 che ci ha allontananti gli uni gli altri. Ma riprendiamo il vecchio articolo :

“Tanto si è scritto sulle origini di questa che un tempo fu una fiera boaria e stagionale, ne’ più, ne’ meno di tante altre in tutt’Italia e all’estero, ma poche volte si è cercato un approfondimento davvero storico e non fiabesco, sulle origini della fiera di San Martino. L’ultimo che ne parlò in maniera circostanziata fu l’avvocato Giuseppe Speranza, appassionato di antichità vissuto sul cadere del XIX secolo. Nella sua “Guida di Grottammare”, redatta nel 1889 egli spiega che in origine la fiera si teneva sul sagrato della chiesa di San Martino. Ciò è illuminante e non trascurabile, perché ci rimanda ad un culto antichissimo a Grottammare. La devozione per il Santo di Tours in Italia si diffonde fin dal IV secolo. Esso si irradia dall’ Ungheria, patria di Martino : qui, infatti, nella colonia di Claudia Sabaria in Pannonia egli nasce intorno al 317. Questo Santo  sarà destinato a rappresentare un ponte ideale fra il monachesimo orientale ed il cenobitismo d’occidente. Troviamo il culto alimentato in modo fervoroso dai monaci benedettini, diffusi in tutta Europa. Ma facciamo mente locale a due date : la prima è il 528 d.C., quando nasce il monachesimo occidentale con Benedetto da Norcia;

La seconda è il 568, quando i Longobardi, fiera popolazione barbarica- scendono in Friuli e Lombardia dal nord Europa, proprio dalle zone dove era nato Martino. Abilissimi con la spada e con la lavorazione dei metalli, l’incontro fra la cultura latina e longobarda è la scintilla che “accende” e fa nascere il medioevo, una mescolanza di stili latini e barbarici, di altissimo livello. Accade che i longobardi ben presto abbandonino la religiosità pagana e si convertano in modo entusiastico al cristianesimo. Da qui alla diffusione capillare del monachesimo in tutta Europa è un tutt’uno: i benedettini sono prevalentemente di origine longobarda e conservano le caratteristiche del loro popolo: l’abilità nella lavorazione dei metalli trasfusa nell’oreficeria di altissimo livello e una certa “simpatia” per le armi e la vita militare, ma anche per il lavoro agricolo e per l’allevamento del bestiame. San Martino vescovo di Tours, che l’iconografia esalta come modello di carità e la leggenda associa all’esercizio del potere militare, civile e religioso, trova grande fortuna nei neo-convertiti monaci longobardi, che in lui ravvisano uno di loro, venuto dal nord-europeo, un soldato, animato dall’amore totalizzante per Cristo, capace di fare una scelta drastica e di rinnovare  completamente la propria vita alla luce della fede, proprio come loro. L’origine del culto a Grottammare nasce probabilmente intorno al X-XI sec., a cui risalgono le coeve strutture antistanti la chiesa di San Martino, pur sorgenti su basamenti murari più antichi. La tradizione vuole che sul luogo fosse istallata una piccola cella monastica benedettina. Ciò verrebbe confermato dall’archeologa Marilisa Morrone, che analizzando il riassemblaggio dell’acquasantiera antica lavorata a bassorilevo presente in chiesa, ne ha decodificato l’origine in un “capitello” cosiddetto “ a stampella”, risalente quasi certamente ad un lasso temporale compreso tra gli anni 800-1000 d.C.  Si tratta, ad ogni buon conto, sempre di un pezzo erratico, la datazione perciò, è valida solo se il capitello appartiene alla coevità della basilichetta altomedievale di San Martino. Ad ogni buon conto, con l’incastellamento del borgo di Grottammare nell’attuale paese alto, poi successivamente con l’estensione della “marina”, la fiera verrà ivi spostata. Quanto a significati più reconditi, certamente non estranei sono i culti di chiusura dell’anno agricolo, la mescolanza con tradizioni celtiche delle campagne relative al culto dei morti , come quella del capodanno celtico “Samain” e all’avvio di un nuovo ciclo stagionale. In questa data c’e’ anche l’abitudine di traslocare, di rinnovare i contratti agrari, di fare elezioni municipali. Tutto ciò ci fa comprendere come questo periodo dell’anno fosse  considerato un rinnovamento, un principio di qualcosa di diverso. Tra i proverbi più noti ricordiamo: L’estate di San Martino dura tre giorni e un pochinino”, A San Martino ogni mosto diventa vino”. Tra i cibi più caratteristici della fiera grottammarese: castagne arrostite, melette “pianelle”, vino novello, torrone di fichi, tacchino alla “canzanese”, porchetta, frittura di pesce, gobbi” .

Con trepidazione attendiamo la fiera di San Martino 2021 sotto pandemia, con coraggio e tante precauzioni , che possa essere una occasione per ripartire con fiducia tutti insieme.

Chi volesse può scrivere al numero whatsapp di redazione : 3711715065.

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