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FOTO Il Vescovo Bresciani incontra i volontari e gli ospiti della Caritas Diocesana

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ieri mattina, Lunedì 15 Novembre, il vescovo Carlo Bresciani, in occasione della V Giornata Mondiale dei Poveri, ha visitato la sede della Caritas diocesana. Presenti anche il Direttore don Gianni Croci e il Vice-Direttore Fernando Palestini.

La visita è iniziata alle ore 8:30, quando il vescovo Bresciani ha presieduto una celebrazione Eucaristica all’interno del tendone inaugurato Domenica scorsa per ospitare la mensa Caritas. Qui si sono radunati volontari ed ospiti per pregare insieme. Durante l’omelia il vescovo Carlo ha detto ai fedeli: “Il racconto riportato nel Vangelo odierno non è il semplice racconto del cieco che riacquista la vista, bensì contiene un insegnamento ulteriore. La domanda che ci poniamo, infatti, è: ‘Chi é il vero cieco qui?’ Quelli che stanno seguendo Gesù dicono al cieco di tacere, di stare zitto perché sta disturbando. È incredibile come queste persone siano capaci di vedere Gesù, ma non il fratello cieco. È vero che questo cieco grida e disturba forte, ma Gesù, a differenza dei suoi seguaci, si ferma, si lascia disturbare, va in una direzione diversa rispetto a quella di chi cammina con Lui. Gesù fa capire ai suoi che non stanno vedendo bene, che sono loro i veri ciechi. La frase finale del racconto poi è importantissima. Gesù dice al cieco: ‘La tua fede ti ha salvato.’ Quindi non è solo il suo grido che lo ha salvato, bensì la fede, una fede che si manifesta in due modi: prima di tutto è fiducia (il cieco, infatti, ha gridato, sapendo di essere guarito); poi è sequela (il cieco, infatti, comincia a seguirlo). Il cieco dunque riceve due luci: quella degli occhi e quella della fede. Egli, infatti, non solo riacquista la vista, ma capisce che avere fede significa considerare Cristo come la Luce che illumina la propria vita. Gesù non trascura il bisogno materiale di vedere di questo povero cieco, ma, allo stesso tempo, soddisfa la sua sete di amore.” Rivolgendosi poi direttamente ai volontari Caritas, il vescovo Bresciani ha chiesto: “Da dove nasce la spinta di voi volontari? Sicuramente dalla Luce di Dio, quella luce che insegna a guardare l’umanità in modo diverso. Camminiamo dunque con questa luce. Un po’ tutti rischiamo di essere ciechi in questa maniera. Alcuni cristiani hanno gli occhi chiusi o fanno finta di non vedere. Chiediamo dunque a Dio di avere anche noi questa Luce.”

Dopo la Messa, la visita del vescovo è proseguita prima con un breve momento di convivialità, in cui tutti hanno fatto colazione, poi con l’incontro con i volontari dei servizi.

Don Gianni Croci ha iniziato il giro delle testimonianze, affermando che “spesso il problema non è camminare con i poveri, bensì camminare con i poveri insieme, come comunità. La Caritas non è fare tante cose, bensì riuscire a farle insieme. Perciò, prima di ogni altra cosa, dobbiamo imparare a camminare insieme. A volte ci si accorge di camminare su strade buie o strette o chiuse: quello è il momento in cui dobbiamo aprire gli occhi alla luce. Può capitare che, presi dalle tante cose da fare, perdiamo di vista il sogno che ci accomuna: il nostro è quello di vivere la prossimità.”

Dello stesso avviso anche Fernando Palestini, il quale ha detto: “Dobbiamo metterci tutti in discussione. Spesso, infatti, ci capita di correre e di non ricordarci perché; dovremmo invece avere la capacità di chiederci in ogni momento perché stiamo facendo questo servizio. Dobbiamo essere sempre disponibili ad ascoltare e abbracciare tutti. Come suggerisce una bellissima preghiera di Raoul Follereau, diciamo: Signore, insegnaci a non amare noi stessi. Facci sentire l’angoscia della miseria universale e liberaci da noi stessi.’

Numerosi gli interventi dei volontari, tra i quali anche alcuni giovani ragazzi del servizio civile : qualcuno ha sottolineato la bellezza del donare, come ci si senta gratificati nel dare il proprio tempo agli altri e nel mettere la propria capacità di ascolto a disposizione di chi ne ha bisogno; qualche altro ha raccontato della reciprocità dei rapporti, di come tanto più è grande la vicinanza che si offre agli ospiti della Caritas tanto maggiore è la forza che viene restituita indietro; qualche altro ancora ha parlato della bellezza e dell’intensità dei rapporti che si vivono all’interno della Caritas. Al termine delle riflessioni, il vescovo Carlo ha concluso l’incontro, dando alcuni suggerimenti: “Nel vostro servizio è importantissima prima di tutto la motivazione. San Carlo Borromeo diceva: Prenditi cura degli altri, ma non al punto di avere cura di te stesso.’ Così dobbiamo fare in Caritas, altrimenti ci bruciamo e scarichiamo sugli altri i nostri problemi. Poi è necessario un ascolto attento: infatti, un conto è sentire, un conto è ascoltare, cercando di dare risposta alle domande più profonde. Per quanto concerne l’organizzazione, la Caritas non è un’azienda, ma dobbiamo imparare anche dalle aziende. L’operaio non è come l’impiegato né come il dirigente, ma l’obiettivo è comune. Così deve avvenire all’interno della Caritas: ognuno deve svolgere il suo ruolo ed avere fiducia nel fatto che ognuno faccia il suo; quando poi qualcosa non va, è importante parlarsi e migliorarsi. Mai deve mancare la fiducia tra di voi e difendetevi dalla rivalità che è un tarlo, una tentazione che si insinua in qualsiasi gruppo. Inoltre non pretendete tutto: dobbiamo avere l’umiltà dei piccoli passi.”

Dopo aver ascoltato i volontari, il vescovo Bresciani ha incontrato gli ospiti delle strutture di accoglienza della Caritas, i quali si sono presentati ed hanno raccontato liberamente la loro vita e le loro difficoltà. La Dott.ssa Maria Chiara Verdecchia ha illustrato il percorso che stanno seguendo ed ha dichiarato: “La nostra presenza qui può assumere un significato importante: non possiamo trascinarci a vivere pensando ciascuno a se stesso; al contrario, dobbiamo imparare ad amare. L’amore è per tutti, non solo verso nostra madre, nostro padre o verso i nostri figli. L’amore è verso chiunque passi sulla nostra strada. L’amore è per tutti. Ma l’amore va educato e coltivato: qui in Caritas impariamo, un po’ alla volta, a farlo.”

Il vescovo Carlo ha concluso: “Chiunque può fare degli sbagli, ma si può ripartire. Non bisogna arrendersi. Quando uno cade, la risalita è dura, ma ce la può fare. Certamente c’è bisogno del vostro impegno: un uomo, infatti, è tale, se si prende sulle spalle il proprio errore e comincia a risalire.”