Decine di migliaia di bambini di oltre 60 Paesi, detenuti nel campo di al-Hoq, nel nord-est della Siria, gestito dall’Amministrazione autonoma curda, languono in condizioni inumane nell’indifferenza dei governi che non mostrano alcuna intenzione di rimpatriarli.
Lo ha denunciato Amnesty international, sottolineando che questi bambini non hanno accesso adeguato al cibo, all’acqua potabile e a servizi essenziali come le cure mediche e l’istruzione e vivono separati dai genitori o da chi ne ha la tutela. Da quando, nel 2019, è terminato il conflitto col gruppo armato Stato islamico, circa 60.000 persone – soprattutto donne e bambini – di nazionalità siriana, irachena e di altri Stati sono state poste in stato di detenzione nel campo di al-Hoq. “In questa struttura, sotto il controllo dell’asayish, la polizia dell’Amministrazione autonoma curda – informa Amnesty -, si trovano sospettati di affiliazione allo Stato islamico ma anche migliaia di persone che per fuggire dal conflitto avevano trovato riparo nel campo. La sezione principale del campo ospita siriani e iracheni, mentre in quella chiamata ‘L’aggiunta’, separata dal campo principale da un posto di blocco, si trovano donne e bambini provenienti da altri Stati. Qui operano organizzazioni umanitarie che forniscono un minimo di cure mediche e altri servizi essenziali. I bambini e le bambine vengono separati dai genitori o dai tutori: i dodicenni ritenuti a rischio di futura radicalizzazione vengono spostati in ‘centri di riabilitazione’ al di fuori del campo dove la tubercolosi e la scabbia sono diffuse. Gli altri, anche a soli due anni di età, vengono portati fuori dal campo in strutture sanitarie senza che i genitori o i tutori ricevano informazione sulla loro salute o sulla loro sorte. Per un breve periodo, la direzione del campo ha consentito alle organizzazioni umanitarie di assumere uomini e donne ma la decisione è stata annullata per ragioni non chiarite”. Un recente rapporto di Save the Children ha rivelato che solo il 40 per cento dei bambini e delle bambine di età compresa tra tre e 17 anni ricevono qualche forma di istruzione. Nel 2021, sempre secondo Save the Children, nel campo sono state uccise 79 persone, tra cui tre bambini, e altri 14 bambini sono morti in circostanze non chiarite.
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