“Tanta gente ha paura del silenzio: deve parlare, palare, parlare, ma il silenzio non può accettarlo perché ha paura”. A denunciarlo, a braccio, è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a San Giuseppe “uomo del silenzio”, ha citato il filosofo Pascal, secondo il quale “tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera”.
“E’ importante pensare al silenzio, in quest’epoca in cui non ha nessun valore”,
la tesi di Francesco, che ha precisato: “Il silenzio di Giuseppe non è mutismo, non è taciturno: è un silenzio pieno di ascolto, un silenzio operoso, un silenzio che fa emergere la sua grande interiorità”. “Come sarebbe bello se ognuno di noi, sull’esempio di San Giuseppe, riuscisse a recuperare questa dimensione contemplativa della vita spalancata proprio dal silenzio”, l’auspicio: “Ma tutti noi sappiamo per esperienza che non è facile: il silenzio un po’ ci spaventa, perché ci chiede di entrare dentro noi stessi e di incontrare la parte più vera di noi”.
“Gesù lo ha detto chiaramente”, il monito del Papa: “chi parla male del fratello e della sorella, chi calunnia il prossimo, è omicida, uccide con la lingua. Pensiamo alle volte in cui abbiamo ucciso con la lingua: ci vergogneremo, ma ci farà tanto bene”.
“Non è facile” riconoscere la voce del silenzio, che molto spesso è confusa insieme alle mille voci di preoccupazioni, tentazioni, desideri, speranze che ci abitano”, ha ammesso il Papa: “ma senza questo allenamento che viene proprio dalla pratica del silenzio, può ammalarsi anche il nostro parlare”.
“Senza la pratica del silenzio, si ammala il nostro parlare”,
che “invece di far splendere la verità, può diventare un’arma pericolosa”, ha spiegato Francesco: le nostre parole, infatti, “possono diventare adulazione, vanagloria, bugia, maldicenza, calunnia. È un dato di esperienza che, come ci ricorda il Libro del Siracide, ‘ne uccide più la lingua che la spada”.
Cercare subito il telefonino “non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità”,
il grido d’allarme del Papa: da San Giuseppe “dobbiamo imparare a coltivare il silenzio: quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci”. “Non dico di cadere in un mutismo”, ha precisato Francesco a braccio: “silenzio: tante volte stiamo facendo un lavoro e quando finiamo subito cerchiamo il telefonino. Sempre stiamo così, e questo non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità. La profondità del cuore cresce nel silenzio, che non è mutismo ma lasciar spazio alla saggezza, alla riflessione e allo Spirito Santo”.
“Non abbiamo paura dei momenti di silenzio, ci farà tanto bene”, l’invito: “E il beneficio del cuore che ne avremo guarirà anche la nostra lingua, le nostre parole e soprattutto le nostre scelte”.
San Giuseppe, infatti, “ha unito al silenzio l’azione. Egli non ha parlato, ma ha fatto, e ci ha mostrato così quello che un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: ‘Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli’”. “Silenzio, parole feconde quando parliamo”, l’indicazione a braccio: “Abbiamo memoria di quella canzone: ‘parole parole, parole’ e niente di sostanziale.
Silenzio, parlare il giusto, mordersi un po’ la lingua invece di dire stupidaggini”.
Alla fine, una preghiera: “San Giuseppe, uomo del silenzio, tu che nel Vangelo non hai pronunciato nessuna parola, insegnaci a digiunare dalle parole vane, a riscoprire il valore delle parole che edificano, incoraggiano, consolano, sostengono. Fatti vicino a coloro che soffrono a causa delle parole che feriscono, come le calunnie e le maldicenze, e aiutaci a unire sempre alle parole i fatti. Amen”. Prima di salutare i fedeli di lingua italiana, il Santo Padre ha esortato a pregare per il popolo haitiano, colpito da un’altra tragedia: l’esplosione di un’autocisterna a Capm Haitien, che ha provocato almeno 60 morti.