SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nonostante le misure restrittive legate all’emergenza sanitaria il Gruppo scout Sbt1 ha proseguito nelle varie attività, sempre nel rispetto delle misure previste dal protocollo anti Covid-19. A riguardo abbiamo sentito Marco Laudi, capo Gruppo Scout nella parrocchia SS. Annunziata a Porto d’Ascoli.
Come state vivendo questo periodo di pandemia?
Non è stato facile, ma ad oggi anche grazie a diversi accorgimenti e consigli utili dalla Zona e dalla Regione proseguiamo le nostre attività con la dovuta prudenza. Molte sono state e continuano ad essere le domande che ci poniamo; una tra queste, che ricorre spesso: “Che cosa devo fare e che cosa posso fare?”. Sicuramente le parole “reinventarsi” e “ripensare” hanno fatto da padrone così come “essenzialità” e “fragilità” ci hanno fatto capire che non siamo eroi, ma persone in carne ed ossa e dunque possiamo fare fatica. Certo non dobbiamo caricare i ragazzi delle nostre fatiche, ma da esso possono nascere dei rapporti migliori dunque si rafforza la relazione tra il capo educatore e il ragazzo. Forse non abbiamo potuto fare determinate cose secondo quello che il metodo scout dice, ma l’importante è fare. La pandemia ci ha insegnato, almeno spero, che prima di ogni metodo e di ogni schema viene la persona, ossia l’essere umano con i suoi talenti e le sue difficoltà; il compito di noi capi è quello di essere compagni di strada di osservare i nostri ragazzi, di ascoltarli, e di renderli veri protagonisti.
Quali attività riuscite a portare avanti?
Abbiamo ripreso le attività che svolgiamo solitamente il sabato pomeriggio presso i locali della parrocchia Ss. Annunziata di Porto d’Ascoli e all’esterno, riuscendo a vederci insieme con la particolare prudenza che non guasta e la voglia di stare insieme vivendo esperienze in comunione gli uni gli altri. Per le prossime vacanze di Natale si prevede l’uscita invernale della branca di Reparto, ossia degli esploratori e guide dai 12 ai 16 anni e delle serate di bivacco.
Mentre per i progetti futuri?
Tanti e diversi gli uni dagli altri, da quelli materiali, che vanno dal miglioramento dell’attrezzatura che possediamo e delle nostre sedi a progetti formativi per noi educatori. Riguardo alla formazione, infatti, è per noi di notevole importanza e necessità il confronto e la partecipazione sia agli incontri con tutti gli educatori della zona Picena che agli eventi regionali. Manterremo collaborazioni con i vari centri di ascolto del territorio e non solo. Continuiamo ad aiutare con i nostri mezzi e risorse il progetto Onlus denominato Mamiyo – Crescere Insieme che ad oggi svolge un importante aiuto verso le comunità del Senegal.
Cercheremo di metterci in gioco, come solitamente diciamo, con il nuovo sinodo 2021 – 2023 indetto da Papa Francesco che guarda in primo luogo all’ascolto della gente comune; ascoltare cioè la vita reale delle persone, ascoltare tutti coloro che hanno da dire qualcosa alla Chiesa sui tanti aspetti. Cercheremo di orientarci verso quella che è la GMG del 2023 in Portogallo e il prossimo Jamboree ossia il prossimo raduno scout mondiale che si terrà in Corea del Sud sempre nell’agosto del 2023. Sono tante le cose, le idee ma ciò che conta più di tutti è il saper mettersi in relazione con i nostri ragazzi, tra noi capi educatori e con le persone che incontriamo giorno dopo giorno.
Cosa comporta come impegno e perché è importante far parte della vostra realtà?
L’impegno è tanto. Il capo – educatore deve essere disponibile e impegnarsi al fine di migliorare la sua relazione educativa con i ragazzi, soprattutto considerando la loro progressione personale. Come in tutte le cose, senza impegno e fatica i risultati sono irrilevanti. Siamo spronati in questo da una frase che è contenuta in una celeberrima canzone scout “La fatica aiuta a crescere nella condivisione”; inoltre, occorre metterci quell’attenzione e amore verso i nostri ragazzi che ci vengono affidati e ai quali dobbiamo far sentire il nostro “Ci sono, sono con te, ti sostengo”. Allora tutto è più bello e diventa entusiasmante. Si parte sempre dall’esperienza e ogni cosa va messa in pratica. C’è un tris di parole che spiega bene: esperienza, simbolo, concetto. In qualsiasi ambito, anche quando si fanno eventi formativi, si parte da un’esperienza e si arriva al concetto; prima si vive e alla fine si capisce il senso dell’esperienza vissuta. Il gioco non è mai fine a se stesso, dietro c’è una morale. Indossare l’uniforme, non la divisa, aiuta a comprendere che, anche se siamo persone diverse sia fisicamente che caratterialmente, siamo tutti orientati nel metterci a servizio dell’altro. Indossiamo l’uniforme perché non vogliamo sentirci diversi dagli altri, ma siamo tutti uguali. Se io non so fare una cosa, ci sarà sicuramente qualcuno che mi aiuterà. Quello dello scautismo è un ambiente di crescita e di avventura, un’esperienza formativa grandissima.