Patrizia Caiffa
“Perché nessuno si chiede le ragioni per cui ad Haiti succedono continuamente fatti così gravi? Cosa c’è dietro l’esplosione dell’autocisterna di benzina che ha causato 60 morti, tra cui molti bambini? La gente qui è disperata, fa cose sconsiderate, come assaltare con mazze, martelli e secchi un autobotte perché da queste parti il carburante è oro. E noi siamo nelle mani delle bande armate, che decidono tutto”. Da Port-au-Prince suor Marcella Catozza è stupita di leggere sulle testate italiane una rara notizia su Haiti ed è allo stesso tempo esasperata da una situazione di povertà, insicurezza e violenza che sembra un incubo senza fine. “Alcune ore fa hanno sequestrato un pullman con 50 studenti del liceo. Perché nessuno dice che ci sparano addosso e la gente non può uscire la sera? Che ogni giorno siamo senza acqua, gas, benzina o corrente elettrica?”, si chiede la religiosa della Fraternità Francescana missionaria di Busto Arstizio, a Port-au-Prince da 17 anni. E se accoglie con piacere la vicinanza di Papa Francesco, che nell’ultima udienza generale ha pregato per le vittime dell’esplosione dell’autobotte a Cap-haitien e per la “povera Haiti” e il suo “popolo in sofferenza”, chiede anche qualcosa di più: “Servono interventi più forti attraverso la via della diplomazia e le autorità mondiali. Noi sul campo facciamo il possibile ma è a quei livelli che si giocano le soluzioni”. O forse – come confermano in tanti – a qualcuno o a qualche superpotenza fa comodo che Haiti rimanga nell’instabilità, nella violenza e nel caos, vista la presenza di giacimenti di oro e iridio (usato per materiali spaziali, cellulari e aerei), oltre ad essere zona di smistamento e passaggio di droga da Paesi latino americani verso Usa e Europa?
Nella pericolosa bidonville di Waf Jeremie. Al di là degli interrogativi inquietanti suor Marcella si trova a vivere ogni giorno una battaglia in prima linea nella pericolosa baraccopoli di Waf Jeremie, accanto a 150 bambini orfani accolti nella casa e una scuola materna per 500 bambini. La sua opera è sostenuta in Italia da diverse associazioni di volontariato e dalla Fondazione Via Lattea. Waf Jeremie è una poverissima bidonville di 70.000 abitanti. La gente vive sulla spazzatura, in baracche di lamiera, in condizioni di grande miseria, senza servizi. Come nei quartieri più off limit di Port-au-Prince anche qui comandano le bande armate. Per fare qualsiasi cosa bisogna chiedere il permesso al capo della gang locale.
L’ultima emergenza sono i rapimenti delle adolescenti a scopo di sfruttamento sessuale: “I banditi vanno semplicemente nelle baracche a chiedere ai padri di dar loro le figlie – racconta suor Marcella -. Se dicono di no gli sparano in volto. Prendono le ragazze e le rimandano indietro dopo mesi, incinte. Tantissime famiglie stanno scappando e le sto aiutando a tornare nei villaggi di provenienza, ma che futuro avranno?
Nella mia casa ho ragazzine di 13, 14, 15 anni, ho paura che vengano a prenderle. Sto cercando un appartamento nella zona vicino alla nunziatura per mettere al sicuro almeno una trentina di ragazze”.
L’orfanotrofio rimane spesso senza acqua e gas, i pasti vengono razionati. Le scuole aprono a singhiozzo. Molti ospedali sono chiusi per mancanza di energia elettrica e carburante per i generatori. “La sera arrivano feriti per armi da fuoco – dice la religiosa, che è anche infermiera -. Mi hanno portato un ragazzo 20 anni con una pallottola in testa. L’ho medicato ma poi non abbiamo trovato un ospedale per l’intervento chirurgico, è dovuto tornare nella sua baracca, non so se ce la farà”.
Episodi inquietanti nella missione. Giorni fa una donna è entrata nella missione e ha cominciato a spaccare tutto e tirare pietre, chiedeva dei soldi. “Abbiamo 80 dipendenti ma nessuno ha cercato di fermarla – dice -. Hanno tutti paura, pensavano fosse stata mandata dalle gang. Il guardiano gli ha consegnato le chiavi del portone, noi siamo rimasti chiusi dentro. Ha spaccato anche il presepe e si è tagliata un braccio da sola, poi è andata a dire al capo dei banditi che un volontario l’aveva accoltellata. Finché non sono riuscita a parlare con il capo del gang la situazione non si è risolta. E’ grave che nessuno abbia fatto niente. Ma qui ci si muove tutti su un filo sottilissimo, metti un piede male e vai a finire di sotto. Ogni giorno si cerca di risolvere il problema della giornata.
Non riusciremo mai a cambiare la situazione di questo Paese se le nuove generazioni continuano a vedere solo violenza e questo addolora molto”.
Una nuova casa per bambini disabili? Suor Marcella vorrebbe aprire una nuova casa per una trentina di bambini disabili ma sa già che sarà costretta a chiedere il permesso al capo della gang locale. Voleva portare 20 bambini italiani a studiare in Italia ma è stata bloccata dal Tribunale dei minori che non ha concesso i permessi di studio ai minori di 14 anni. “Ci hanno espulsi. C’è mancato poco che mi accusassero di traffico di minori. Ma noi stiamo solo chiedendo la possibilità di dare speranza e futuro a questi bambini”.
“Non ho paura”. Giorni fa un proiettile è entrato dal tetto della sua camera da letto e si è salvata per miracolo. Suor Marcella, com’è vivere in mezzo a tanta violenza, al rischio di essere rapiti o uccisi, non teme per la sua vita? “Ho vissuto sempre in zone al limite, non ho paura. So che il mio bene è nelle mani di Dio e se mi capita qualcosa è perché il mio bene si compia”.