“Non abbiamo saputo trovare soluzioni adeguate nei confronti delle persone che si erano trovate in una situazione drammatica alla frontiera tra la Polonia e la Bielorussia”: lo ha riconosciuto mons. Krzysztof Zadarko, presidente del Consiglio per la pastorale dei migranti, dei turisti e dei pellegrini della Conferenza episcopale polacca. Il presule, facendo il bilancio del 2021 appena concluso, ha anche ribadito che tale mancanza da parte dei vescovi polacchi costituisce “una testimonianza negativa nella sua dimensione generale: sociale, statale e religiosa”. La morte di almeno una ventina dei circa settemila migranti (stima di Human Rights Watch) che da agosto scorso dal territorio della Bielorussia hanno tentato di varcare il confine per chiedere asilo e aiuto internazionale in territorio polacco, come ha affermato il vescovo “è stata causata da ritardi negli aiuti medici e/o umanitari”.
Prescindendo da una eventuale valutazione della liceità di tali aiuti (dalle autorità polacche considerati illegali in quanto tra la Polonia e la Bielorussia ci sarebbe in atto una “guerra ibrida” con l’utilizzo improprio dei migranti come “armi umane”) il presule ha ribadito che “una messa a punto delle politiche per i migranti deve costituire il nostro compito per l’anno 2022”. Intanto, le autorità polacche, per cercare di rendere più facilmente governabile la situazione nella zona frontaliera, hanno introdotto un divieto assoluto di soggiorno nelle 183 località lungo il confine. L’interdizione riguarda anche i giornalisti e i rappresentanti delle ong a carattere umanitario. Il comunicato del governo polacco relativo agli ultimi sviluppi alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, dove le temperature sono ormai stabilmente sotto lo zero, parla di “sempre maggiori aggressività e determinazione dei migranti” intenti a entrare nel territorio polacco “dovuta alle azioni mirate del regime di Lukashenko”, non meglio specificate, e conferma i respingimenti dei profughi, nonostante alcuni di essi siano minori, donne (anche in stato di gravidanza), persone in pericolo di vita o malate, le quali – secondo le convenzioni internazionali – avrebbero diritto ad essere aiutate.
Mons. Zadarko ha anche accennato alla necessità di sostenere i circa 2 milioni di immigrati già presenti sul territorio della Polonia e che “dovrebbero trovare un posto dignitoso in seno alla società venendo a conoscenza sia dei propri diritti che dei sostegni sociali che spettano loro in quanto lavoratori e residenti”. “Penso che per impedire la messa al margine di importanti gruppi sociali o etniche, come è avvenuto in Occidente, dobbiamo impegnarci a costruire un modello sociale integrativo”, ha rilevato il presule esprimendo l’auspicio che “i polacchi siano ospitali e aperti ad altri”.