Stefano De Martis
“Realismo”, “prudenza”, “fiducia” e soprattutto “unità”. Mario Draghi ha scelto queste quattro parole come chiave di lettura della conferenza stampa in cui ha presentato il decreto anti-Covid approvato il 5 gennaio a Palazzo Chigi. Con lui i ministri Patrizio Bianchi (Istruzione) e Roberto Speranza (Salute) e il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Franco Locatelli. Una conferenza stampa che lo stesso premier ha definito “riparatoria”, scusandosi per aver sottovalutato l’esigenza di un incontro con i media subito dopo il varo del decreto che ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli over 50 e ha sancito la decisione di tenere aperte le scuole. Due aspetti strettamente connessi perché siamo in “una fase nuova, diversa”, in cui sia pur con “cautela” si lascia “tutto aperto”, ma ciò è possibile proprio in virtù del successo della campagna di vaccinazione.
“Gran parte dei problemi che abbiamo oggi”, del resto, dipende proprio dal fatto che “ci sono ancora dei non vaccinati”, una condizione di rischio che si rivela particolarmente elevata per chi ha più di cinquant’anni. Di qui la misura adottata con il decreto su cui – ha sottolineato Locatelli – non c’è stata alcuna voce dissonante nella riunione del Cts che si è svolta lo scorso 7 gennaio. Supportato anche dal ministro Speranza, Draghi ha ribadito più volte che “le terapie intensive sono occupate per i due terzi da non vaccinati” e ha rilanciato con forza “l’ennesimo invito” a vaccinarsi il prima possibile.
Quanto alla scuola, il presidente del Consiglio ha affermato che essa “è fondamentale per la democrazia, va tutelata, protetta, non abbandonata”. E’ probabile che nei prossimi giorni ci sia un aumento delle classi in Dad, ma “quello che va respinto è il ricorso generalizzato alla dialettica a distanza” che determina tra l’altro un aumento delle disuguaglianze e penalizza i ragazzi “dal punto di vista psicologico e della formazione”. Draghi ha ringraziato gli insegnanti e i genitori “per gli sforzi di oggi e delle prossime settimane e dei prossimi mesi”. Il ministro Bianchi, dal canto suo, ha reso noto che solo lo 0,72% dei docenti non si è vaccinato e quindi è stato sospeso.
Il premier non ha voluto rispondere a domande relative all’ormai imminente voto per l’elezione del presidente della Repubblica. Certo, il ripetuto richiamo all’unità è stato interpretato anche in questa chiave, ma che il Paese abbia effettivamente bisogno di coesione in questa fase è difficilmente contestabile.
Sollecitato dalle domande dei giornalisti, Draghi ha parlato comunque dei problemi politici all’interno dell’esecutivo, rilevando che “l’esperienza di questi unidici mesi è stata esperienza di una maggioranza molto grande in cui occorre accettare diversità di vedute, ma non la mediazione a tutti i costi”. Per alcuni provvedimenti di grande rilevanza, come l’ultimo decreto, “l’unanimità è importante purché il risultato abbia senso”. “Le diversità di vedute sono naturali – ha insistito il premier – l’importante è che c’è voglia di lavorare insieme e di arrivare a soluzione condivise. Finché c’è quella il governo va avanti bene”.