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La parola di Dio mette in crisi, è come una freccia di fuoco

foto SIR/Marco Calvarese

Vescovo Domenico Pompili

Con il motu proprio “Aperuit illis” Papa Francesco stabilisce che la terza domenica del tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio. Si tratta di una preziosa opportunità offerta ad ogni comunità cristiana per riflettere sull’importanza dell’ascolto della Parola nell’esperienza di fede.
La Bibbia, infatti, è un grande libro “educativo” perché mentre la si legge si impara a leggere sé stessi.

Nella frammentazione della vita contemporanea la Parola rappresenta il “centro” che consente di ritrovare il proprio “io”, in rapporto a “Dio” e al mondo.

L’esercizio paziente, metodico, tendenzialmente quotidiano della lectio divina è la strada concreta per imparare l’ascolto ed è stato in epoca moderna la via per personalizzare la fede, sottraendola ad una adesione solo culturale e sociale. Lo aveva lucidamente richiesto la “Dei Verbum” proprio nel suo capitolo ultimo (VI), laddove si raccomanda che tutti abbiano accesso, anche diretto, alla Sacra Scrittura; che la leggano frequentemente e volentieri; che imparino a pregare su di essa, per conoscere autenticamente Gesù Cristo. La lectio divina ottiene così quella unità interiore, quella profondità di convinzione, quella coerenza pratica di vita che contrasta con tutte le forze di frammentazione operanti nella modernità liquida.
C’è di più. L’ascolto della Parola sortisce anche l’effetto di maturare un atteggiamento dialogante sia a livello interreligioso che interculturale. Tutta la Scrittura, infatti, è pervasa da tale dialogo, perché descrive la storia di un popolo che è entrato via via in contatto con nuove culture e correnti di pensiero e in parte le ha assorbite, in parte ha operato su di esse un discernimento illuminante. Un atteggiamento dialogante, rispettoso e insieme cosciente dei propri valori e delle proprie certezze è quell’atteggiamento che la Scrittura promuove e che è tanto necessario oggi in un mondo che si è fatto globale e al tempo stesso è diviso tra nazionalismi ed integralismi sempre incombenti.

La Bibbia rappresenta, dunque, un test indispensabile per saggiare la qualità della fede personale e verificare l’attitudine al confronto culturale.

Ma quel che più conta, la parola di Dio mette in crisi, è come sale sulle ferite, brucia fino a far male. È come una freccia di fuoco: provoca una gioia immensa e insieme una sofferenza indicibile. La Parola di Dio è potente ed efficace: colma la solitudine, sazia il desiderio, spegne la sete. È l’esperienza di don Mazzolari quando scrive: “Il tuo Vangelo. La tua Parola, o Cristo. Non questa o quella parola, la tua, unicamente la tua. Ho sete della tua parola come l’esule ha sete di patria, come il cuore ha sete d’amore. Signore, parlami!” (P. Mazzolari, “Impegno con Cristo”). E Bernanos fa dire all’anziano parroco di Torcy, in dialogo con il giovane curato di campagna protagonista dell’omonimo romanzo: “La Parola di Dio è un ferro arroventato, e tu, che devi insegnarla agli altri, vorresti prenderla con le molle per il timore che essa ti bruci?”.

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