Di Fernando Palestini
DIOCESI – Lunedì 24 gennaio, in occasione della festa di San Francesco di Sales, Papa Francesco ha reso pubblico il Messaggio per la 56^ giornata delle comunicazioni sociali che si celebrerà il prossimo 29 maggio dal titolo “Ascoltare con l’orecchio del cuore” riflettendo su un altro verbo che dovrebbe essere molto caro a noi cristiani: dopo “andare e vedere” presenti nel messaggio del pontefice del 2021 quest’anno Papa Francesco ci esorta ad “ascoltare”.
L’uomo contemporaneo vive uno strano paradosso: se da un lato aumenta sempre di più la qualità della comunicazione vocale attraverso i podcast e le chat audio dall’altra ci rimprovera il Papa “stiamo perdendo la capacità di ascoltare chi abbiamo di fronte, sia nella trama normale dei rapporti quotidiani, sia nei dibattiti sui più importanti argomenti del vivere civile”. Il desiderio di essere ascoltati, uno dei bisogni più grandi dell’essere umano “interpella chiunque sia chiamato ad essere educatore o formatore, o svolga comunque un ruolo di comunicatore: i genitori e gli insegnanti, i pastori e gli operatori pastorali, i lavoratori dell’informazione e quanti prestano un servizio sociale o politico”.
Il Papa ci esorta a sfuggire la sordità interiore, peggiore di quella fisica per metterci realmente in ascolto dell’altro (chiunque altro). “L’ascolto, infatti, non riguarda solo il senso dell’udito, ma tutta la persona. La vera sede dell’ascolto è il cuore”. E’ la capacità del cuore che rende possibile la prossimità (Evangeli Gaudium 171).
Dall’ascolto attento, empatico, faccia a faccia nasce la comunicazione buona e veramente umana. “La buona comunicazione presta attenzione alle ragioni dell’altro e cerca di far cogliere la complessità della realtà. È triste quando, anche nella Chiesa, si formano schieramenti ideologici, l’ascolto scompare e lascia il posto a sterili contrapposizioni”. Infatti in molti dialoghi non si comunica affatto.
Facciamo soltanto dei “monologhi” a due o più voci convinti come siamo che il nostro punto di vista, la nostra idea sia la migliore e così facendo chiudiamo anche le porte del nostro cuore ad una vera relazione con l’altro. Ci ricorda infatti il Papa che “ascoltare è dunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un’informazione solida, equilibrata e completa è necessario aver ascoltato a lungo”.
Papa Francesco ci ricorda che, anche e soprattutto nella Chiesa, se vuole manifestare veramente l’amore di Dio, c’è tanto bisogno di ascoltare e di ascoltarci e la speranza è che il processo sinodale avviato sia veramente una grande occasione di ascolto reciproco. “La comunione si edifica nell’ascolto reciproco tra fratelli e sorelle…. «Noi dobbiamo ascoltare attraverso l’orecchio di Dio, se vogliamo poter parlare attraverso la sua Parola».
Così il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer ci ricorda che il primo servizio che si deve agli altri nella comunione consiste nel prestare loro ascolto. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non sarà più capace di ascoltare nemmeno Dio”.
L’ascolto vero continua il pontefice ci aiuterebbe anche ad affrontare alcune problematiche, come quella delle migrazioni forzate, con occhi diversi. “Per vincere i pregiudizi sui migranti e sciogliere la durezza dei nostri cuori, bisognerebbe provare ad ascoltare le loro storie. Dare un nome e una storia a ciascuno di loro. Molti bravi giornalisti lo fanno già. E molti altri vorrebbero farlo, se solo potessero ed avremmo davanti agli occhi non dei numeri, non dei pericolosi invasori, ma volti e storie di persone concrete, sguardi, attese,
sofferenze di uomini e donne da ascoltare”.
Il Sinodo è l’occasione per tutta la Chiesa di vivere questo ascolto dell’uomo, delle sua ansie, difficoltà, angosce per trasformarle in un “noi” fatto di accoglienza, di incontro, di attenzione. E’ un cammino che va fatto nelle nostre chiese ma soprattutto nelle strade la dove incontriamo le sorelle ed i fratelli con le loro difficoltà per vivere una fraternità globale e riconoscerci veramente “fratelli tutti”.