“Abbiamo fiducia nell’istituzione giudiziaria: è necessario fare giustizia e conoscere la verità. È necessario per la famiglia di padre Jacques Hamel, è necessario per coloro che hanno vissuto quelle tragiche ore. È necessario anche per gli imputati e i loro parenti. La verità permetterà la giustizia. Verità e giustizia sono necessarie affinché tutti possano andare avanti, sia le vittime che gli accusati”. È un passaggio della dichiarazione di padre Hugues de Woillemont, segretario generale della Conferenza episcopale francese, diffusa questa mattina da Parigi mentre sta per cominciare il processo per l’omicidio di padre Jacques Hamel avvenuto nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray nel luglio 2016. A sei anni da quel tragico attentato, si apre oggi davanti alla Corte d’Assise speciale di Parigi il processo che si concluderà l’11 marzo: i due giovani terroristi – entrambi appartenenti a Daesh – sono stati uccisi sul posto dalle forze dell’ordine, per cui gli imputati sono i quattro presunti complici. Tre di loro saranno presenti. L’uccisione dell’anziano sacerdote ha suscitato un’eco di profonda emozione in tutta la Francia. “Questo anziano sacerdote, ancora in servizio – ricorda infatti padre de Woillemont – vicino ai più umili e ai fragili, è stato assassinato nel cuore della messa che stava celebrando, perché era sacerdote, perché era cristiano”. Il processo riapre quindi una ferita ancora aperta. Il segretario generale dei vescovi francesi osserva: “Questo processo che durerà quasi un mese, riporta alla memoria ricordi dolorosi e sarà difficile per molti. La Conferenza episcopale di Francia desidera esprimere ai parenti di padre Jacques Hamel, alle persone prese in ostaggio quel giorno, ai parrocchiani di Saint-Etienne du Rouvray, ma anche ai fedeli laici e ai sacerdoti della diocesi di Rouen, così come al loro arcivescovo, mons. Dominique Lebrun, il suo profondo affetto e la sua preghiera. Pensiamo anche a tutte le vittime del terrorismo – non dimentichiamo in particolare Simone, Nadine e Vincent, le vittime dell’attentato alla basilica di Nizza – in Francia e nel mondo e ai loro cari. A tutti la Conferenza episcopale di Francia desidera ribadire la sua compassione e la sua comunione”. “La morte di padre Hamel – conclude la nota – resta per molti una grande sofferenza. Ma la sua vita e il suo martirio portano frutto. Padre Jacques Hamel rimarrà per i sacerdoti di Francia un bell’esempio di vita sacerdotale donata. Resterà per i cristiani il testimone di una carità offerta a tutti, servo umile e generoso fino alla fine. La sua vita e la sua morte risuonano per il nostro Paese come un appello alla fedeltà e alla fraternità, perché il male non abbia l’ultima parola”.
In un’intervista rilasciata oggi al quotidiano cattolico La Croix, il postulatore della causa, padre Paul Vigouroux, spiega come siano molti oggi in Francia e non solo a considerare padre Hamel “un martire della fede non solo per la sua morte, ma anche per la sua vita, donata con semplicità e discrezione”. Lo dimostra anche il fascicolo della sua beatificazione, che supera le 11.000 pagine. E poi spiega: “Ci sono quattro condizioni per riconoscere un martire: che la persona sia morta di morte violenta, che sia stato ucciso a causa della sua fede, che abbia reagito in modo non violento e che abbia fama di martire”.