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Papa Francesco: “quando i preti si chiudono fanno una vita da scapoloni”

“Quando i preti si chiudono fanno una vita da scapoloni”. Lo ha detto, a braccio, il Papa nel discorso di apertura del  Simposio internazionale “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, promosso dal card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e dal Centro di Ricerca e di Antropologia delle Vocazioni, in corso in Aula Paolo VI fino al 19 febbraio. La “logica delle vicinanze”, ha spiegato riferendosi in particolare alla vicinanza del sacerdote al vescovo – “ma vale anche per le altre”, ha precisato a braccio – consente di rompere ogni tentazione di chiusura, di autogiustificazione e di fare una vita da scapolo”. Il vescovo, da parte sua, “non è un vigilante, è un padre”, e “può essere strumento di discernimento solo se anch’egli si mette in ascolto della realtà dei suoi presbiteri e del popolo santo di Dio che gli è affidato”. “Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire”, ha ribadito Francesco sulla scorta dell’Evangelii gaudium: “Non a caso il male, per distruggere la fecondità dell’azione della Chiesa, cerca di minare i legami che ci costituiscono. Difendere i legami del sacerdote con la Chiesa particolare, con l’istituto a cui appartiene e con il vescovo rende la vita sacerdotale affidabile. L’obbedienza è la scelta fondamentale di accogliere chi è posto davanti a noi come segno concreto di quel sacramento universale di salvezza che è la Chiesa. Obbedienza che può essere anche confronto, ascolto e, in alcuni casi, tensione, ma non si rompe. Questo richiede necessariamente che i sacerdoti preghino per i vescovi e sappiano esprimere il proprio parere con rispetto e sincerità. Richiede ugualmente ai vescovi umiltà, capacità di ascolto, di autocritica e di lasciarsi aiutare. Se difenderemo questo legame procederemo sicuri nel nostro cammino”.

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