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Eutanasia in Europa. Continua a crescere il numero di chi vi ricorre

Alberto Baviera

foto SIR/Marco Calvarese

Sono poco più di 93mila i casi finora documentati di persone sottoposte ad eutanasia nei quattro Paesi europei dove è stata legalizzata. I primi ad averla consentita, a determinate condizioni, sono stati i Paesi Bassi quasi vent’anni fa, nell’aprile 2002. In Belgio il via libera per gli adulti è arrivato il mese successivo mentre dal 2014 anche i minori malati terminali possono farne richiesta. In Lussemburgo la “dolce morte” è stata legalizzata nel 2009 mentre in Spagna la legge che autorizza eutanasia e suicidio assistito è in vigore da pochi mesi, dal giugno 2021. Di seguito presentiamo una sintesi di un contributo che sarà pubblicato sul prossimo Quaderno di Scienza & Vita dedicato proprio all’eutanasia.

Come prevedibile,

dappertutto il numero di casi di eutanasia registrati annualmente è andato progressivamente aumentando dopo l’entrata in vigore della legge.

Nei Paesi Bassi, per esempio, nell’arco di un ventennio le segnalazioni annuali di atti eutanasici ricevute dai cinque Comitati regionali di revisione sono quadruplicate passando dalle 1.672 del 2002 alle 6.705 dello scorso anno (più di 18 al giorno) quando le 6.938 segnalazioni totali di eutanasia/suicidio assistito hanno rappresentato il 4,1% dei decessi complessivi registrati nel Paese.

Dall’entrata in vigore della legge sono state oltre 71mila le notifiche di trattamenti eutanasici praticati nei Paesi Bassi (4 ogni 1.000 abitanti), con una prevalenza di casi che hanno riguardato uomini. Nella maggioranza dei casi si è trattato di persone affette da cancro incurabile (circa il 73%); meno frequenti i casi di pazienti con disturbi neurologici (5,7%) come morbo di Parkinson, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica, o quelli con malattie cardiovascolari (3,8%) e disturbi polmonari (2,8%).

infografica SIR

Negli ultimi anni più di 1 caso ogni 40 ha riguardato persone con pluripatologie geriatriche (2,56%), oltre 1 caso su 50 pazienti con demenza (2,16%) e 1 ogni 100 con disturbi psichiatrici. In generale, l’interruzione della vita è avvenuta nella propria casa (80% delle segnalazioni); più raro che si sia scelto di morire in ospedale (4,3%), in una casa di riposo medicalizzata tipo residenza sanitaria assistenziale (4,15%), in una struttura di lungodegenza (3,8%) o altrove (per esempio a casa di un familiare, in una casa di riposo); quasi 1 decesso ogni 20 (4,9%) si è avuto in una struttura per cure palliative (hospice). Solo dal 2016 vengono forniti anche i dati relativi alle fasce di età delle persone che hanno richiesto l’eutanasia o il suicidio assistito: sui 32.101 casi totali, quasi i due terzi hanno riguardato persone over 70, meno di un decimo i 50-60enni il 9,45% mentre gli under 50 hanno rappresentato complessivamente il 3,7%. Finora le segnalazioni riguardanti minori tra i 12 e i 17 anni sono state 15.

In Belgio, invece, sono oltre 22mila le dichiarazioni di atti eutanasici presentate tra il 2002 e il 2019 e di cui la Commissione federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia ha dato conto nei suoi Rapporti biennali. Finora si sono registrati poco meno di 2 casi ogni 1.000 abitanti e nella quasi totalità si è trattato di atti eutanasici eseguiti a seguito di una richiesta “attuale e consapevole” da parte dei pazienti; solo nell’1,5% dei casi si è proceduto sulla base di una dichiarazione anticipata.

In poco più di tre lustri, complessivamente i casi registrati in un anno sono decuplicati – passando dai 235 totali del 2003 ai 2.656 del 2019, sostanzialmente più di 7 al giorno – e hanno riguardato in leggerissima maggioranza gli uomini (50,5%). Anche in Belgio sono i tumori le patologie più frequenti nelle persone a cui è stata somministrata l’eutanasia: ne era affetto più del 69% di chi ne ha fatto richiesta, mentre sono stati decisamente meno frequenti i casi di persone con malattie cardiovascolari (4,3%), con disturbi polmonari (3%) e disturbi neuromuscolari evolutivi e non evolutivi (2,8%).

infografica SIR

Negli ultimi anni i pazienti con malattie del sistema nervoso sono stati oltre mille (il 4,8% del totale). Dall’entrata in vigore della legge, invece, più di 1 caso ogni 50 ha riguardato persone con demenza, disturbi neuropsichiatrici o morbo di Alzheimer mentre quasi 1 caso ogni 7 è relativo a pazienti affetti da altre malattie o da pluripatologie. In generale, l’interruzione della vita è avvenuta o in ospedale (45,3% dei casi) o nella propria abitazione (41%). Per quanto riguarda le fasce d’età, quella dei 60-79enni rappresenta poco meno della metà dei casi totali (49,5%) mentre poco più di un terzo ha riguardato over 80 (33,5%). Dal 2016, anno in cui si è registrato il primo caso, sono complessivamente 4 i minorenni ai quali è stata somministrata l’eutanasia.
Nel 9° Rapporto pubblicato, relativo al biennio 2018-2019, viene rilevato che “per la maggior parte dei pazienti (80,9%) sono stati osservati contemporaneamente diversi tipi di sofferenza, sia fisica che psicologica (da non confondere con condizioni psichiatriche). Questa sofferenza era sempre la conseguenza di una o più condizioni gravi ed inguaribili”.

Numeri decisamente inferiori sono quelli del Lussemburgo dove, a partire dal 2009, sono state 112 le dichiarazioni di eutanasia ricevute dalla Commissione nazionale per il controllo e la valutazione dell’applicazione della legge del 16 marzo 2009. In pratica 1,75 casi ogni 10mila abitanti.

Nel Granducato si è passati da 1 solo caso registrato nel 2009 ai 25 del 2020, sostanzialmente 1 ogni quindici giorni. A prevalere sono state le eutanasie somministrate agli uomini (54,4%) e quelle ai 60-79enni (57%); meno frequenti tra gli over 80 (33%) e tra i 50-59enni (10%). Nessun caso si è registrato su minori. Anche in Lussemburgo si conferma la prevalenza di atti eutanasici su pazienti affetti da cancro (78,6%); meno frequenti quelli su persone con malattie neurodegenerative (15,1%) o neurovascolari (3,6%).

Rispetto al luogo in cui è avvenuta l’interruzione della vita, in poco meno della metà dei casi si è avuta in ospedale (49,1%); circa un terzo presso il domicilio del paziente (32,1%) mentre in quasi 1 caso su 6 si è scelto un centro integrato o una casa di cura (15,1%).

Per quanto riguarda infine la Spagna, non sono al momento ancora disponibili dati aggregati sull’applicazione della legge in tutto il Paese. Casi però ci sono stati in diverse Comunità autonome. Solo Catalogna e Paesi Baschi hanno diffuso a fine 2021 statistiche relative alle domande presentate. Delle 53 richieste ricevute dalla Commissione di garanzia e valutazione della Catalogna, poco più della metà (28) è stata approvata, mentre altre 14 erano ancora in corso di valutazione lo scorso dicembre. La maggior parte dei trattamenti approvati (24) era già stata eseguita mentre le altre 4 erano in sospeso. Rispetto alla malattia, la maggior parte delle richieste presentate ha riguardato pazienti con malattie neurodegenerative (23) mentre 14 sono relative a persone affette da cancro. Il tempo medio di risoluzione di una domanda è stato di circa 41 giorni. Fino al 10 dicembre sono state 34 le domande presentate nei Paesi Baschi mentre sono state 13 le procedure di eutanasia eseguite. 8 persone che avevano inoltrato domanda sono decedute prima di essere sottoposte ad eutanasia; 1 richiesta è stata respinta mentre le altre 12 si trovavano in fasi diverse del loro iter. Da segnalare che i professionisti obiettori di coscienza rappresentano lo 0,1% del numero totale di operatori sanitari della Catalogna e l’1,9% di quelli baschi.

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