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Intervista a Luisa Urbani, da L’Ancora, al Tg5, a “L’Aria che tira” (La7)

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Questa settimana abbiamo intervistato Luisa Urbani, una giovane sambenedettese che ha iniziato il suo percorso professionale da giornalista nella nostra redazione.
Attualmente lavora come redattrice a “L’aria che tira”, il programma di La7 condotto da Myrta Merlino e per 15 mesi è stata redattrice del Tg5.

Luisa il tuo percorso è iniziato dal giornale diocesano “L’Ancora” ed è proseguito fino alla tv nazionale. Quali differenze hai notato maggiormente?
“Sicuramente sono mondi diversi. A livello nazionale, la gestione delle notizie è più frenetica, in quanto deve essere coperto un territorio molto più vasto rispetto alla piccola realtà locale.
Un territorio provinciale, infatti, per quanto possa essere denso di notizie, non potrà mai eguagliare una realtà nazionale che, dunque, richiede un lavoro più impegnativo, ma anche più affascinante, perché si vivono tante emozioni.
Un esempio è stato quando il 27 dicembre mi sono trovata in diretta davanti all’ospedale “Spallanzani” di Roma a raccontare a tutta Italia che stavano vaccinando le prime persone, a me quella occasione ha dato una grande soddisfazione, una grande emozione. Io sono molto innamorata delle mie Marche, ma amo anche il mio lavoro e ho sempre aspirato a lavorare a livello nazionale”.

Come sono stati questi mesi al TG5?
“Ho trascorso 15 mesi al TG5. Li ho vissuti in maniera intensa. Sono stata chiamata per una semplice sostituzione estiva di tre mesi, poi una serie di rinnovi mi hanno portata a rimanere più a lungo.
La mia fortuna è stata quella di occuparmi dei temi di strettissima attualità, come della pandemia. Ero sempre allerta perché, da un momento all’altro, poteva arrivare una nuova notizia oppure poteva essere convocata una conferenza stampa non prevista e quindi avrei dovuto riscrivere tutto il pezzo.
Sono i due lati della medaglia: da un lato il lavoro è molto gratificante e affascinante, dall’altro è richiesto tanto sacrificio. Spesso è davvero stressante: si devono mettere da parte gli affetti, la famiglia. Ho trascorso le festività in redazione, ma credo che a livello professionale sia stata l’esperienza più affascinante della mia vita. La pandemia rimarrà nella storia come un evento di grande portata internazionale e averne fatto parte in qualche modo, essermene occupata a livello diretto, mi rende soddisfatta del mio lavoro.
Non so come sarà il futuro, perché in questo lavoro sono frequenti gli alti e i bassi, ma tutto quello che ho vissuto mi ha resa felice, anche perché ho avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti”.

Come pensi di essere cambiata in questo periodo vissuto al TG5?
“Questi mesi mi hanno sicuramente arricchita, ne sono uscita più preparata.
Se paragono i primi servizi ai successivi che ho realizzato, noto che sono molto diversi, sembrano di due ‘Luisa’ diverse.
La crescita è dovuta anche al fatto che ci si relaziona con tante persone per tante ore: nei mesi in cui tutti eravamo in lockdown le uniche persone con cui ero in contatto erano i miei colleghi. Poi mi sono ritrovata a vivere da sola in una grande città: anche questo mi ha cambiata, penso che ogni esperienza porti un cambiamento”.

Anche se sei giovane hai già pubblicato un libro che riguarda il periodo del sisma e della ricostruzione. Come pensi stia evolvendo la situazione?
“Ho visitato Arquata del Tronto meno di un anno fa: c’è ancora moltissimo lavoro da fare. Il terremoto è una ferita che non si rimarginerà mai. Proprio perché sono legata a quei luoghi, tre anni fa ho deciso di scrivere la tesi di fine Master proprio sul sisma. Tesi che grazie alla Regione Marche è diventata un libro. Anche al TG5 ho voluto proporre uno spazio dedicato al terremoto.
Come inviata ho realizzato un servizio sulle zone del cratere durante il Covid. Il lockdown, certo, è stato un periodo difficile e drammatico per tutti. Ma per chi vive in quelle casette di pochi metri quadri lo è stato ancora di più: non è semplice affrontare malattie, quarantene e dad in quelle condizioni. La pandemia poi non ha aiutato sicuramente la ricostruzione perché, oltre ai tanti problemi ad essa connessi, ha spostato l’attenzione su altri temi, su altre emergenze. Ora che, grazie ai vaccini, la situazione sta migliorando, spero che le istituzioni tornino ad occuparsi con la dovuta attenzione alle zone colpite dal terremoto. È inammissibile che nel 2022 sia ancora quasi tutto fermo”.

Cosa ti senti di dire a chi ha intenzione di intraprendere il percorso di giornalista?
“È un lavoro affascinante e gratificante, ma anche tanto complicato perché non offre quella stabilità lavorativa che tutti desideriamo. Non esiste una stabilità nelle grandi realtà nazionali ed è ancora più difficile trovarla a livello locale. Io mi sono trasferita a Roma proprio per questo motivo. Sono diventata pubblicista con voi de “L’Ancora On Line”, poi ho frequentato la scuola di giornalismo della Lumsa di Roma grazie alla quale sono diventata professionista e ho avuto accesso alle realtà più grandi. Il consiglio che do è quello di rimboccarsi le maniche e di studiare tanto, consigli che valgono anche per altre professioni. La scuola di giornalismo, dopo un corso di laurea, dura altri due anni. Io, per esempio, dopo la laurea in Giurisprudenza, non avevo molta voglia di rimettermi a studiare, però se l’intento è quello di realizzare un sogno i sacrifici non pesano. Purtroppo la famiglia è quasi sempre lontana e spesso si devono mettere da parte gli affetti, ma penso che ogni professione richieda dei sacrifici più o meno grandi. Ovviamente io parlo del mio percorso, forse ad altri le cose sono andate in modo diverso. In ogni caso credo che ci voglia un grande impegno”.

Che caratteristiche deve avere un bravo giornalista?
“Deve essere una persona curiosa che non si deve fermare all’apparenza, ma deve approfondire. Più approfondisci, più sai, più diventi ‘concorrente’ sul mondo del lavoro. Occorre una buona dose di cultura e una grande capacità di adattamento: ogni giorno non sai cosa ti aspetta, puoi affrontare qualsiasi tema ed essere spedita ovunque. Riassumerei tutto con “3C”: curiosità, cultura e capacità di adattamento”.

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