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Incontro vescovi e sindaci del Mediterraneo, Draghi: “Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati.”

Firenze, 23 febbraio 2023.
Mediterraneo Frontiera di Pace
Incontro della Conferenza Episcopale Italiana (CEI)
Apertura dei lavori nel Convento di Santa Maria Novella alla presenza del card. Gualtiero Bassetti, del Presidente del Consiglio Mario Draghi, del card. Giuseppe Betori, del sindaco di Firenze Dario Nardella.
L’ intervento di Mario Draghi

Pubblichiamo l’intervento integrale del Presidente del Consiglio, Mario Draghi tenuto a Firenze, nella prima giornata dell’incontro tra i vescovi e i sindaci del Mediterraneo.

Sono molto felice di essere qui con voi oggi, nel Convento di Santa Maria Novella. Voglio ringraziare la Conferenza Episcopale Italiana e Sua Eminenza Cardinale Bassetti per  l’invito all’evento di oggi sul Mediterraneo.
Come ha detto Papa Francesco, lo scorso incontro a Bari ha segnato un momento di grande  unità nelle Chiese del Mediterraneo, una testimonianza di pace.
Mi auguro che un dialogo sul divino – che nasce dalla volontà di superare differenze,  incomprensioni che affliggono gli uomini da secoli – porti un messaggio di fratellanza in un  momento di forte tensione per l’Europa.
È significativo che l’incontro di oggi avvenga qui, a Firenze.
Il Concilio di Firenze, che si chiuse nel 1439 ed ebbe in parte luogo proprio in questo  convento, riuscì a riunire, seppur temporaneamente, la Chiesa di Occidente a quella di  Oriente.
Tra il 1958 e il 1964, sempre a Firenze si tennero i Colloqui mediterranei, voluti da Giorgio  La Pira, instancabile difensore dei diritti inviolabili dell’uomo.
I Colloqui mediterranei nascevano dalla convinzione che le nazioni che si affacciano sul  mare avessero un “destino comune”; che il dialogo tra le religioni di Abramo – ebraismo,  cristianesimo, Islam – fosse necessario per il mantenimento della pace; e che una comune  cultura mediterranea potesse servire come base per un “ordine umano mediterraneo,  fondato sulla giustizia e sulla felicità”. 

L’incontro di oggi e quelli dei prossimi giorni sono un invito a sviluppare questa visione a  partire dalle città, che sono sempre più il centro della vita della regione. A ragionare sui nostri diritti e sui nostri doveri come cittadini del Mediterraneo. A lavorare perché il Mediterraneo sia un laboratorio di pace, tolleranza, prosperità, al  centro dell’Europa.
Quando parliamo di diritti nel Mediterraneo, dobbiamo riferirci soprattutto ai giovani. La proporzione di ragazze e ragazzi con meno di 15 anni sul totale della popolazione in  Medio Oriente e nel Nord Africa è circa il doppio rispetto alla media dell’Unione Europea. Quella di over 65 è appena un quarto. Tutti i giovani hanno la legittima aspirazione di  realizzare a pieno il proprio potenziale. Tuttavia, si scontrano con un mercato del lavoro  che li lascia spesso ai margini.

Il tasso di disoccupazione giovanile nella regione è il più alto al mondo e in alcuni Paesi  supera il 40% per le ragazze. 

Occuparsi del Mediterraneo, vuol dire prima di tutto occuparsi delle nuove generazioni. Investire nella scuola, nella formazione e creare le condizioni per investimenti e posti di  lavoro. Perché il Mediterraneo sia davvero un mare di opportunità. La regione è particolarmente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, come la  siccità, l’aumento dei livelli del mare, le ondate di calore. Le città si affacciano su un mare  che in molti casi conserva la sua meraviglia antica, ma è anche inquinato da plastiche e  rifiuti. Il rischio di incendi e la loro pericolosità è in aumento – penso, per esempio, ai boschi  bruciati nell’agosto dello scorso anno, dalla Spagna alla Grecia, in Sicilia e in Sardegna. Un’estate con picchi di temperature mai registrati prima, in un’area dove l’aumento è  destinato a essere superiore alla media globale. L’emergenza climatica ci impone di  accelerare nella transizione ecologica, in modo rapido ma sostenibile per cittadini e  imprese. 

Dobbiamo aiutare in particolare i più deboli a sostenerne i costi. La transizione ecologica presenta grandi opportunità per chi ha il coraggio di investire. I Paesi del Mediterraneo devono coglierle – per proteggere il pianeta e avviare i giovani  verso le professioni del futuro. Oltre alle scarse opportunità lavorative, anche l’instabilità  politica contribuisce a indurre decine di migliaia di persone, tra cui molti giovani, a emigrare  non solo per opportunità, ma per necessità. 

Un fenomeno che attualmente porta con sé enormi rischi per chi arriva in Europa dal Nord  Africa o dai Balcani. E che al momento rappresenta un problema per i Paesi di origine, che  perdono energie vitali, e per i Paesi di arrivo, che spesso faticano a integrare i nuovi arrivi,  ad accoglierli con dignità. Il mar Mediterraneo ci ricorda che ciò che accade nell’Egeo  riguarda anche il Tirreno, ciò che avviene al largo della Tunisia o della Libia si ripercuote  sulle coste della Sicilia. Più volte in passato ho ribadito l’importanza di una gestione  condivisa, equilibrata e umana delle migrazioni. Condivisa perché, senza un’assunzione di  responsabilità collettiva, l’azione europea non potrà mai essere giusta ed efficace. 

Equilibrata, perché non basta contrastare i flussi illegali, ma serve curare con attenzione  l’accoglienza. E umana, perché non possiamo essere indifferenti rispetto alle sofferenze dei  migranti. Le autorità religiose svolgono un ruolo fondamentale nel costruire una cultura di  dialogo e di ascolto tra culture e fedi diverse. 

Oggi, come in passato, avvertiamo la necessità della vostra opera di bene, dell’educazione  all’amore, che rappresenta l’essenza della fede. L’amore per sé stessi, senza cui viene meno  il rispetto della dignità umana. L’amore per la propria cultura, che non ammette  l’intolleranza, ma è stimolo alla curiosità. L’amore per la propria comunità, che si esprime  nella solidarietà e la cura per gli altri. La cultura del dialogo e della fratellanza si ricerca  anche nella tutela delle minoranze religiose, che ancora oggi incontrano limiti alla libertà  di culto, anche nel Mediterraneo. Le comunità cristiane e religiose offrono molti esempi di  amicizia, fraternità e apertura nei confronti delle altre fedi monoteiste.

 

Lo testimonia il rapporto che lega Papa Francesco al patriarca Bartolomeo e lo dimostrano  i viaggi apostolici del Santo Padre, dagli Emirati Arabi all’Iraq alla Grecia. Voglio esprimere la mia riconoscenza per il vostro impegno a favore del dialogo e il mio  auspicio perché possiate continuare in questa missione. 

La stabilità e la pace si organizzano nelle istituzioni, ma si costruiscono nel contrasto  quotidiano alle diseguaglianze, all’odio e all’ignoranza. Penso alle politiche di integrazione  e vicinato, agli investimenti infrastrutturali: tutti processi che favoriscono la crescita e lo  sviluppo. 

Alcuni progetti incidono direttamente sulla vita nelle città: migliorano la qualità delle  abitazioni, programmano lo sviluppo urbano, favoriscono la costruzione di nuove  infrastrutture. Altri contribuiscono a tutelare la natura e la biodiversità, come i progetti di  conservazione finanziati dall’Unione europea, anche grazie alla collaborazione tra  università e centri di ricerca. Le autorità civili e religiose hanno un ruolo fondamentale nel  coltivare un senso di responsabilità diffuso senza il quale questi progetti non possono avere  successo. Per affrontare, nel breve e nel lungo termine, i problemi e le vulnerabilità del  Mediterraneo. Nei secoli la vita mediterranea è andata avanti grazie a interazioni reiterate  e frequenti tra le sue città e i suoi popoli. Il frutto di questi collegamenti, che possiamo  chiamare cultura mediterranea, offre ancora oggi un terreno comune a laici e religiosi. 

Questa responsabilità condivisa ci richiama a proteggere il mare e tutto il patrimonio  naturale. A custodire la bellezza delle città mediterranee, la loro spiritualità e modernità. A fornire nuove opportunità a chi cerca lavoro e maggiore rappresentanza ai giovani e alle  donne. Ci impone di tutelare la pluralità delle nostre identità, di favorire il dialogo tra  culture diverse e tutelare le minoranze, etniche e religiose. 

Sono i nostri diritti e i nostri doveri come abitanti del ‘Grande mare’. Il nostro impegno per  un Mediterraneo giusto, di pace, di libertà. In momenti di crisi dobbiamo ancor più  difendere i valori in cui crediamo e che ci guidano. La convivenza, la fratellanza, la tolleranza  che celebriamo in questo incontro devono realizzarsi anche oltre i confini della regione in  cui viviamo. 

Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere  tollerati. Avete scelto di mettere la vostra spiritualità, la vostra profondità di pensiero, al  servizio dei più deboli. Possa il vostro messaggio di pace diventare anche il nostro – e  risuonare forte laddove si cerca lo scontro e si rischia la guerra. 

Grazie. 

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