Di Daniele Rocchi
“Domenica sono felice di incontrare Papa Francesco. Il papa sta lavorando per noi, sta lavorando per un mondo migliore”. Joseph Destiny, 28 anni, viene dalla Nigeria ed è arrivato in Italia nel 2015 dopo un lungo viaggio di un anno e cinque mesi passando per la Libia. Joseph fa parte del gruppo di 49 rifugiati, donne e uomini nati in vari Paesi – tra cui Afghanistan, Etiopia, Siria, Somalia, Costa d’Avorio, Eritrea e Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Gana e Mali -, che domenica prossima, in Sala d’Arme a Palazzo Vecchio, incontreranno in forma privata Papa Francesco nell’ambito della sua visita a Firenze per partecipare alla conclusione dell’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo. I rifugiati sono inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione con la Fondazione Solidarietà Caritas, la Diaconia Valdese, l’associazione Cinque pani e due pesci e la cooperativa sociale Il Girasole. Oggi alcuni di questi rifugiati sono stati presentati alla stampa ed è stato un momento per ripercorrere la loro storia e la loro vita.
Un posto migliore. Destiny attende questo incontro con il Pontefice con ansia: “Ho lasciato il mio paese perché lì ci sono molti problemi e sono fuggito per trovare un posto migliore dove vivere”, ha raccontato al Sir.
“Quando sono partito, mi sono trovato ad affrontare un viaggio difficile, pieno di difficoltà. In Libia è stato un periodo duro. Sono stato in prigione sei mesi. Quel paese non è assolutamente un posto buono dove restare. Non si fa nulla, non c’è lavoro. Non c’è posto per dormire. Si può stare in una stanza anche con altre 200 persone”. Dalla Libia, Joseph si è imbarcato ed ha attraversato il Mediterraneo per raggiungere Lampedusa. Da qui è stato trasferito a Firenze. Ha fatto un tirocinio in città nel 2017 e ancora oggi è un prezioso collaboratore della fondazione Caritas. Inizialmente ospitato in una struttura Cas e poi in una Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), adesso è autonomo e va nelle scuole cittadine a portare la sua testimonianza di vita”.
In fuga dai talebani. Con Joseph davanti al Papa ci saranno anche Mohamad Anosh e la moglie Reha, entrambi afgani. Fin dal loro arrivo in Italia, le loro due figlie sono state iscritte a scuola e frequentano, rispettivamente, la scuola elementare e dell’infanzia. Tutta la famiglia ha ottenuto lo status di rifugiato e attualmente sono in corso le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno per la richiesta di asilo politico. Anosh, ha raccontato, è un chirurgo pediatrico e vorrebbe riuscire a esercitare la professione anche in Italia. Nel proprio paese d’origine Reha era un’attivista per i diritti umani e ha collaborato a diversi progetti realizzati in Afghanistan dal Cospe. Fra circa un mese la famiglia si allargherà in quanto è in arrivo il terzo figlio, un maschio. Reha ha anche un fratello che vorrebbe riprendere in Italia il proprio percorso di studi universitari e laurearsi. Afghano è anche Mohammad Azreakhsh. Fin dall’arrivo in Italia i suoi figli sono stati inseriti, grazie anche alla collaborazione dell’Istituto Universitario Europeo, rispettivamente presso la scuola dell’infanzia e l’asilo nido. Tutta la famiglia ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato ed è già in possesso del permesso di soggiorno per asilo politico. Azreakhsh è un tecnico informatico e, poco dopo il suo arrivo in Italia, ha iniziato a collaborare con l’Ue proprio nel settore in cui si è specializzato, riuscendo a portare avanti il suo percorso professionale. Sua moglie Lina è laureata in Scienze biologiche e in Afghanistan svolgeva la professione di insegnante.
Percorso di rinascita. “Ogni persona e famiglia ha una storia di sofferenza a sé, ma sono tutte accomunate dalla speranza di una rinascita, che stiamo cercando di dare a tutti. Vogliamo che questa città sia la loro città” ha affermato Sara Funaro, assessore all’Educazione e al Welfare del Comune di Firenze, intervenendo alla conferenza stampa. Al Papa, Firenze mostrerà il suo sistema di accoglienza e integrazione, “un modello consolidato. Svariate sono le storie di persone che oggi vivono in maniera autonoma in città, lavorano e hanno una nuova vita e noi ne siamo felici ed orgogliosi”. “Le 49 persone che incontreranno Papa Francesco – ha spiegato il direttore di Caritas Firenze, Riccardo Bonechi – le conosciamo da diversi anni, sia come Caritas, ma anche assistite dalle altre realtà del territorio fiorentino che fanno parte della Consulta delle attività caritative. Le loro sono testimonianze significative di inclusione e accompagnamento all’interno della nostra città. Qui queste persone hanno trovato una casa, un lavoro seppure con le difficoltà che purtroppo rimangono per la loro storia di migranti. Sono soprattutto nuclei familiari quelli che il Papa incontrerà, abbiamo voluto dare una rappresentanza geografica, ma anche spirituale, sono persone di diverse religioni”. Non è mancato, infine, un riferimento all’attacco russo all’Ucraina:
“Giornate come queste di Firenze – ha detto Funaro– possono lanciare messaggi di pace. Avere intorno allo stesso tavolo vescovi, patriarchi e sindaci del Mediterraneo è un forte segnale di pace e di unità così come lo è la visita di Papa Francesco, domenica prossima”.