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Carta di Firenze: “Il Mediterraneo non può e non vuole essere luogo di conflitto tra forze esterne”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

M.Michela Nicolais

(da Firenze) “Inizino immediatamente i negoziati per ristabilire la pace”. È l’auspicio espresso dai 60 vescovi e dai 65 sindaci del Mediterraneo, nella Carta di Firenze firmata oggi a Palazzo Vecchio a conclusione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”. “In questi giorni azioni di guerra si sono verificate contro l’Ucraina”, si legge nella Carta, che ha concluso i cinque giorni di lavoro promossi dalla Cei sul tema “Mediterraneo frontiera di pace”, a due anni dall’analogo incontro di Bari.

“Sentimenti di dolore hanno colto vescovi e sindaci, i quali congiuntamente auspicano che la violenza e l’uso delle armi possa cessare, che la grande sofferenza del polo ucraino possa essere evitata e che i negoziati per ristabilire la pace possano iniziare immediatamente”.

“Consegnando alla storia queste giornate, traiamo un impegno a proseguire in un processo, non semplicemente ideale, di fratellanza e di conoscenza delle diversità che sono una grande ricchezza”, ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei: “La bellezza del mosaico di tradizioni e culture, violata dai drammi che vivono molti nostri popoli, è imperativo perché il Mare Nostrum torni ad essere crocevia di storie e tradizioni e non più doloroso cimitero”. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha definito la Carta di Firenze “una conquista storica, un punto di arrivo e di partenza. Perché nostro desiderio non è solo portare questa dichiarazione al Santo Padre, a cui auguriamo ogni bene, ma lo vogliamo portare ai leader internazionali, ai capi di stato e di governo. Inizieremo questo pellegrinaggio perché questa dichiarazione, firmata dai sindaci e dai vescovi, inizi a vivere da oggi”. Auspicando che “ulteriori incontri possano aver luogo”, i vescovi cattolici e i sindaci delle città mediterranee, riuniti a Firenze, ispirandosi all’eredità di Giorgio La Pira, l’ex sindaco di Firenze che già negli anni Cinquanta promuoveva il dialogo interculturale e interreligioso tra le città – e in particolare tra le città del Mediterraneo, i firmatari della Carta ribadiscono la convinzione che

“il Mediterraneo non può e non vuole essere luogo di conflitto tra forze esterne”:

di qui la necessità di “porre la persona umana al centro dell’agenda internazionale perseguendo la pace, proteggendo il pianeta, garantendo prosperità, promuovendo il rispetto e la dignità dei diritti fondamentali di ogni individuo, anche attraverso la promozione di obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi sul clima”.

Tra le sfide da affrontare, i vescovi e i sindaci citano  “il cambiamento climatico, i flussi migratori, i conflitti e la povertà”, partendo dalla consapevolezza che “valorizzare e promuovere il ruolo delle città e il dialogo tra le sue comunità civiche e religiose offra un contributo essenziale a queste sfide”.

Nella Carta, “la diversità del patrimonio e delle tradizioni dell’area mediterranea” viene definita come “patrimonio condiviso per tutta l’umanità”. “Tutti i valori naturali, ambientali, culturali, linguistici e religiosi del Mediterraneo, materiali e immateriali, dovrebbero essere protetti e trasmessi alle generazioni presenti e future”, tramite “un impegno educativo che parta dai bisogni primari, comuni a tutti gli esseri umani, e che possa guidare i giovani nel cammino che conduce al desiderio del bene, dell’amore, della giustizia e della libertà”. Tra gli obiettivi più urgenti, quello di

“sviluppare maggiori opportunità di dialogo e di incontro costruttivo tra le diverse tradizioni culturali e religiose presenti nelle nostre comunità, al fine di rafforzare i legami di fraternità che esistono nella nostra regione”.

Tra le proposte, quella di “creare programmi universitari comuni, al fine di introdurre i giovani di tutta la regione mediterranea ad una migliore conoscenza rispettosa delle tradizioni e delle particolarità culturali di ogni Paese”. A questo proposito, i vescovi e i sindaci mettono l’accento sul “ruolo chiave della diplomazia a livello urbano nella promozione di uno sviluppo umano integrale e sostenibile basato sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni essere umano”.

In tempi di Covid, inoltre, occorre riconoscere il “diritto universale alla salute e alla protezione sociale nell’area del Mediterraneo” e agire “per evitare cambiamenti climatici catastrofici e preservare la qualità della vita per le generazioni a venire”.

Nell’elenco delle priorità, figura “l’importanza di promuovere opportunità di lavoro di qualità per le categorie svantaggiate, giovani e donne, e di favorire lo sviluppo economico e sociale dei paesi di origine dei migranti, anche attraverso programmi di cooperazione, volti in particolare alla tutela dell’infanzia”.

“Le politiche migratorie nel Mediterraneo e alle frontiere devono sempre rispettare i diritti umani fondamentali”,

il riferimento ad uno dei fronti caldi dell’agenda internazionale, che deve tener conto anche della “forte connessione esistente tra flussi migratori e cambiamento climatico”. “Promuovere progetti concreti di inclusione culturale, religiosa, sociale ed economica”, l’altra raccomandazione della Carta, in cui le città “rivendicano il loro diritto a partecipare alle decisioni che influiscono sul loro futuro”, auspicando “iniziative condivise per il rafforzamento della fraternità e della libertà religiosa nelle città, per la difesa della dignità umana dei migranti e per il progresso della pace in tutti i paesi del Mediterraneo”.

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