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Scuola, non si può non vedere il disagio dei più giovani

Di Alberto Campoleoni

“Mi sono sempre domandato se c’è più bisogno di scuola nell’epoca di internet. E Scopriamo che c’è più bisogno di scuola di prima perché mentre un tempo avevamo l’impressione di aver più cose da dire che strumenti per dirlo, visibilmente oggi il problema è diverso: sembra quasi che vi siano più canali per dire che cose da dire. In questa situazione la scuola torna ad essere più scuola che mai, c’è più bisogno di scuola che mai. Scuola che torni ad essere scuola non di informazione ma di formazione, di formazione di capacità critica, e maestra di rispetto delle differenze”.

L’occasione è l’audizione al Senato, presso la Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Un’occasione nella quale il titolare di Viale Trastevere ha riflettuto sull’aumento del fenomeno dei discorsi d’odio nella nostra società e ha anche puntato il dito sull’importanza di valorizzare “l’educazione civica”, così come sulla necessità di ripensare “la scuola secondaria” e in particolare ”la scuola Media”, confermando che “su questo stiamo lavorando e su questo chiederemo l’aiuto delle Camere”.

Sono temi provocanti, a partire proprio da quest’ultimo: il ripensamento della scuola secondaria. Non è una scoperta dell’ultimo minuto. Sono anni che se ne parla e forse il tentativo più importante di mettere mano al comparto della secondaria e in particolare a quello della secondaria di primo grado risale all’epoca (antelucana, ormai) del ministro Berlinguer, quando questi propose una riforma complessiva dell’ordinamento scolastico che di fatto “eliminava” la Media, accorciando il percorso complessivo della scuola (anticipando di un anno l’uscita verso l’università) e proponeva un ciclo di 7 anni che – semplificando – comprendeva le elementari e i primi due anni delle medie, “saltando” la terza per arrivare direttamente alle superiori.

Si sa come andò: la riforma dei cicli arrivò ad un passo dall’attuazione, per poi cadere con il cambio di governo.

Non che fosse semplice da applicare, certo. Ma rispondeva all’esigenza già ben avvertita di ripensare l’intero percorso scolastico e in particolare gli anni della Media, con un’attenzione particolare alla terza, per molti un periodo di passaggio diventato ormai obsoleto e pesante.

Vedremo cosa vuol dire per il ministro Bianchi il ripensamento annunciato.

Tornando invece ai discorsi di odio, anche in questo caso l’allarme non è nuovo, anche se, dalla voce autorevole del Ministro acquista un’importanza speciale. “La crescita dei fenomeni di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo e di istigazione all’odio e alla violenza – ha detto ancora Bianchi – è un segno anche del tempo difficile che stiamo vivendo, di questo malessere complessivo che i nostri ragazzi avvertono da tempo, ma è anche segno di quanto l’acuirsi di questo fenomeno durante i due anni passati dove, non la dad, ma l’isolamento, ha generato fenomeni che stiamo misurando e valutando e che gli stessi studenti ci segnalano“.

Non si può non vedere il disagio dei più giovani. Serve più scuola: è vero. Il ritorno della scuola in presenza – anche questo ha ricordato Bianchi – è certamente un buon segno e un aiuto per tutti. Ma oggi occorrono anche azioni più decise. Una consapevolezza maggiore di famiglie e istituzioni scolastiche sull’importanza di non lasciare soli i nostri ragazzi. Sono il futuro, che non vorremmo – e in questo tempo la guerra in Europa ci è di monito – fosse sempre più violento e settario.

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