“È un triste anniversario, anzitutto perché la guerra non è ancora terminata e inoltre perché da un paio di anni a questa parte la Siria sembra essere sparita dai radar dei media. Ne hanno preso il posto, prima la crisi libanese, poi il Covid-19, ed ora la guerra in Ucraina”. Così il card. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, commenta l’undicesimo anniversario della guerra in Siria. Interpellato in merito alla partenza di alcuni siriani, dietro ingaggio russo, per combattere in Ucraina, il cardinale – in un’intervista rilasciata a Vatican News – commenta: “Ho letto anch’io queste notizie. Qualcosa di simile è capitato in Libia qualche anno fa: mercenari siriani si sono trovati a combattere su fronti opposti. È un ulteriore malanno che causa la guerra, la quale è una fabbrica che sforna ogni sorta di malanni: vittime, distruzioni di quartieri e villaggi, profughi, danno al tessuto sociale, disgregazione della famiglia, violenza, povertà, mancanza di lavoro, droga, e numerosi altri mali. Tanti giovani si trovano senza lavoro, hanno imparato a maneggiare le armi e si arruolano per poche centinaia di dollari”. Riguardo al modo in cui la Siria vede la guerra in Ucraina, Zenari afferma: “La gente, in genere, non osa esprimersi. Mi unisco al reiterato e forte ammonimento di Papa Francesco a far tacere le armi e a fermare il massacro. Mi sembra che anche la martoriata Siria capisca bene, per esperienza, questo pressante appello. Se posso usare la parabola evangelica del povero Lazzaro e del ricco epulone, sicuramente la Siria, ‘mutatis mutandis’, vuole ammonire severamente altri a non cadere nello stesso luogo di tormenti in cui lei stessa è caduta (Lc 16, 27-28). È triste vedere ripetersi in Ucraina le stesse strazianti immagini di dolore viste in Siria: quartieri distrutti, morti, milioni di profughi, uso di armi non convenzionali, come le bombe a grappolo, bombardamenti di ospedali e scuole. Vedere la stessa identica discesa agli inferi che si è vista in Siria”.

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