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Sorelle Clarisse: “Cose nuove”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Le tre letture di questa domenica sono unite da un’unica certezza: la possibilità concreta di aprirsi ad un futuro e non chiudersi nel passato.
Nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, leggiamo: «Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo […] «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova […] Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa […], per dissetare il mio popolo, il mio eletto».
Dio si rivolge ad Israele, al popolo deportato a Babilonia e dice “Sì, ho prosciugato il Mar Rosso per liberarvi dalla schiavitù dell’Egitto, ma la vostra vita non può essere solo e sempre una fuga nostalgica verso il passato, pur grandioso che sia. Guardate avanti, c’è un futuro di cui voglio farvi dono, un nuovo esodo, da Babilonia di nuovo verso la terra promessa, attraverso quel deserto che, ancora una volta, diverrà, per noi, luogo di amore e intimità”.
Anche nella seconda lettura Paolo ci parla della sua esperienza e ci dice che tutto ciò che per lui era un guadagno – la sua appartenenza ad Israele, i suoi meriti religiosi, i suoi vanti, i suoi studi, la sua discendenza – tutto, dice Paolo, «ritengo che […] sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo. […] Dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù». Anche qui un futuro che si apre a partire dalla misericordia di Dio che opera in Paolo, nel popolo di Israele come in ciascuno di noi e ci accompagna in un percorso di conversione che guarda al futuro.
C’è un futuro anche per la donna presentata a Gesù da alcuni scribi e farisei: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
C’è una persona che ha sbagliato nell’amare. E, subito, l’atteggiamento usuale dell’uomo di fronte allo sbaglio è la condanna. Abbiamo ascoltato il linguaggio di scribi e farisei: prettamente giuridico, asettico, non c’è traccia di umanità.
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei»: Gesù chiede a quegli uomini e chiede a ciascuno di noi di distogliere, anche solo per un istante, lo sguardo dall’altro per guardare loro stessi, per guardare noi stessi.
Non si tratta di giustificare la donna, di giustificare quello che ha fatto. Gesù non è connivente con il peccato ma è attento all’uomo, al peccatore. E di fronte a tutti quegli uomini che, a partire dai più anziani, se ne andarono ad uno ad uno, Gesù, rimasto solo con la donna, le dice: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? […] Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». La legge è essenziale per rivelare il peccato, ma, una volta infranta la legge, di fronte al peccatore occorre che regni la misericordia. E’ questa la strada nuova verso il futuro: se non fosse stato e se non fosse così, non sarebbe nemmeno iniziata la storia della salvezza.
Non sappiamo se questa donna perdonata abbia accolto l’invito di Gesù, abbia cambiato vita, sia divenuta sua discepola. Possiamo solo toccare con mano la misericordia del Signore che le ha dato la possibilità di tornare a vivere in pienezza, di ritornare a camminare in piena libertà.
Allora proviamo a credere che un futuro, in Dio, è possibile per ciascuno di noi, che il passato non è il destino, che è possibile ricominciare. Perché, canta il salmista, «grandi cose ha fatto il Signore per noi…», e grandi cose continua a fare il Signore per e con noi!

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